Ieri, per caso, ho incontrato una lettrice. È stato fantastico!
Ero sulla metropolitana e avevo in mano Tessa e basta. Il libro era un regalo per l’amica che stavo andando a trovare. Alla fermata di Conciliazione è salita una donna, una biondina dall’aria curata, jeans e husky crema, una sciarpa leggera color polvere al collo e la borsa a tracolla. Si è seduta e ha cominciato a guardare in giro con aria distratta fino a che il suo sguardo si fermato su di me. O meglio, sul libro che tenevo in mano. La copertina è azzeccata, piuttosto vistosa, ha riscosso un grande successo. Ero compiaciuta, poi perplessa quando ho visto che quella si alzava e puntava dritta nella mia direzione.
«Scusi, l’ha letto?»
«Qualcosa di più» ho risposto. «L’ho scritto.» Lei ha spalancato la bocca in un Ohhh! che l’ha fatta sembrare una bambina.
«Io l’ho letto la settimana scorsa. Adesso l’ho prestato a mia sorella.»
«Le è piaciuto?»
«Lei è Tessa Krevic?»
«Tessa è la persona che mi ha raccontato la storia. Io sono Susanna e l’ho scritta.» A quel punto ho allungato la mano, sentendomi comunque un po’ scema. La donna l’ha stretta con vigore. Intanto avevamo passato Duomo e si erano liberati due posti, ci siamo sedute.
«Non mi ha ancora detto se il libro le è piaciuto.»
«Mi scusi, sono stata sciocca a pensare che lei fosse Tessa. Tessa non può svelarsi, giusto?»
«Vero! Infatti ha adottato uno pseudonimo letterario.» Cominciavo a essere stufa di tutto questo cincischiare e poi sarei dovuta scendere a Porta Venezia.
«Il libro è bellissimo!» Finalmente l’aveva detto. «In ufficio ho fatto una testa così ai miei colleghi. Com’è Tessa nella realtà, come avete fatto a incontrarvi? Certo lei fa un lavoro strano…»
«La ghost writer, sono fortunata, mi piace molto.» Sentirsi dire con tanto entusiasmo che il tuo libro è bellissimo mi aveva gasato. «Scendo la prossima» avevo aggiunto in tono di commiato.
«L’accompagno. Stavo andando a casa e farò l’ultimo pezzo a piedi. Mi racconterà qualcosa di Tessa?» Adesso la faccenda aveva preso una piega inaspettata.
Siamo scese dalla metro e poi salite in superficie e Olga, questo il nome della mia lettrice, non la finiva d’interrogarmi. Abbiamo imboccato corso Buenos Aires e ci siamo fermate nel barettino sotto la casa della mia amica. Qui le ho offerto un caffè.
«Adesso devo proprio andare, sono in ritardo» ho detto mentre sbirciavo l’ora sul cellulare.
«Come faccio?» Olga era dispiaciuta. «Non ho il libro con me, l’ho prestato. Volevo una dedica…»
Olga mi aveva regalato una bella emozione e qualcosa di bello da raccontare a Tessa. Ho pensato che dovevo trovare il modo per sdebitarmi. I lettori che apprezzano le nostre fatiche, spendono il loro tempo dentro le nostre storie, tra le pagine che abbiamo scritto, e ci premiano con un commento, sono persone speciali.
«Ci sono!» ho esultato. «Ho trovato il modo per farle una dedica particolare.»
«Davvero?» Ha messo su un’espressione felice.
«Domani scriverò un post sul nostro incontro. Lo potrà leggere sul blog, dentro il mio sito.» Ci siamo lasciate con un abbraccio, dopo esserci scambiate i cellulari.
Ecco Olga, questo è per te. Ciao!

Share: