Perché Tessa Krevic, la protagonista di Tessa e basta, ha voluto raccontare la sua storia e poi ha scelto di nascondersi dietro un nome di fantasia? Questa è una domanda che continua a essere ricorrente da parte dei lettori del romanzo autobiografico che racconta le vicende della sua vita. Nel prologo al libro ho scritto che il motivo per cui Tessa ha deciso di non usare il suo vero nome si spiega con i cambiamenti in atto nel suo Paese. Nell’arco di tempo in cui abbiamo lavorato insieme, il clima politico in Croazia è mutato, c’è stata una virata a destra, una conferma della presa anche oggi esercitata dalla retorica patriottica che asseconda il ritorno delle politiche nazionaliste diffuse dopo l’indipendenza e la guerra nei Balcani.
All’interno di un clima pesante che si ripropone, Tessa ha percepito le avvisaglie di un antico malessere, lo stesso che aveva già descritto nel libro: “…un sottile disagio nei rapporti con alcuni colleghi di lavoro, con certi conoscenti. Talvolta con qualcuno degli amici più cari e perfino con taluni parenti. Tutto era come sempre e nulla era uguale a prima”. Insomma, a distanza di tanti anni Tessa, che ora vive in Italia, ha mille timori. I lettori possono immaginare quanto coraggio le sia costato narrare la sua storia, lo sforzo che ha fatto per descrivere un conflitto che, in Croazia, dove lei viveva, è stato terribile, anche se non quanto in altre aree dei Balcani.
Il suo obbiettivo non era quello di realizzare l’ennesimo libro rievocativo della guerra; a guidarla è stata la speranza di suscitare una riflessione in chi leggerà la sua storia, soprattutto in coloro che oggi guardano all’altro, al profugo e al migrante come l’invasore da cui difendersi, comunque da evitare e da tenere lontano, al di fuori del cerchio della propria vita. Viviamo di manipolazioni e bugie, oggi come al tempo della guerra dei Balcani, manovrati da interessi che ci sfuggono. I risultati di questo ennesimo grande imbroglio sono sotto i nostri occhi: i barconi, i morti in mare, le file dei profughi vaganti per non dire dei corpi dei bimbi sulla spiaggia. Eppure molti di noi non vedono o non capiscono, ma hanno delle grandi certezze. Molti di noi non conoscono il passato, la storia, oppure hanno dimenticato. La storia di Tessa Krevic, una storia vera, può servirci per ricordare e per comprendere il presente.  Se continueremo a sparare proclami insensati senza neppure sforzarci di articolare un qualsiasi ragionamento serio, metteremo ancora più a rischio la pace “debole” in cui viviamo, incuranti di ciò che abbiamo intorno.

Nella foto l’immagine di un deposito di indumenti usati destinati ai profughi al tempo della guerra dei Balcani.

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