Qualche settimana fa ho scoperto un piccolo museo a cielo aperto in un paese alle porte di Milano. Su suggerimento di un’amica che ci abita, ho fatto una passeggiata a San Vito di Gaggiano. In una strada vicina al centro c’è l’ingresso di una villa dove è possibile ammirare una serie di reperti per cui il viaggio fin lì vale senz’altro la pena. C’è di tutto: una vecchia meridiana, un trattore della OM del 1950, dei dipinti di generi diversi, manifesti d’epoca, una targa che riporta una citazione di Lorenzo de’ Medici, una falciatrice meccanica Imma del 1927 “ippotrainata”, non manca neppure una cabina del telefono londinese. Quelle rosse, avete presente? Purtroppo è parecchio rovinata. Queste cose sarebbero state più che sufficienti per far volare la fantasia della ghost writer che è in me, ma c’era anche altro: un rettangolo del “muro di Berlino”, un pezzo originale alto quasi quattro metri e largo oltre un metro con tanto di scritte originali, che il proprietario è riuscito a portare a casa su un tir, tra mille difficoltà e dopo aver passato una trafila burocratica molto lunga. E non è difficile crederlo. La porzione di quello storico muro ora è piazzata alla portata di tutti per testimoniare quanto sia importante difendere la nostra libertà.
È stato facile scoprire che tutto ciò appartiene a un agricoltore, Emilio Grassi, che ha esposto i pezzi della collezione sul terreno di sua proprietà, in bella vista per chiunque voglia ammirarli. Poco distante, c’è un altro pezzo fuori misura, tanto ingombrante da non poter essere tenuto davanti a casa. Si tratta di un tank, un carrarmato “disarmato”, niente di meno.
Qual è il significato di questa raccolta?
Una stranezza, un regalo, un monito per farci ricordare il passato e riflettere sul futuro. Anche solo un modo per distrarci dai pensieri della vita e regalarci un sorriso.
Quant’è bella giovinezza
che si fugge tuttavia!
Chi vuole esser lieto, sia,
di doman non c’è certezza.
Dal Trionfo di bacco di Lorenzo de’ Medici
Alla mia domanda del perché raccogliesse e tenesse da conto oggetti fra i più inutili e disparati, che ingombravano non poco il suo alloggio, una vecchia signora mi rispose con quell’accento romanesco che è così caratteristico in tanti dei nostri comici: ” pecchè me piace d’avello” .
In effetti il piacere di possedere ciò che ci piace o ci incuriosisce o ci sembra strano o meraviglioso è fine a se stesso, non c’è uno scopo né un monito: “Je piace d’avello”… il tank come il muro di Berlino come la mattonella con la citazione medicea che puoi trovare in ogni banchetto di souvenir.
Per un qualche motivo queste memorabilia placano un qualche senso del possesso e sono lì, perchè possano certificare che lui ce l’ha. E tanto basti!
Ciao, Milena. A favore di questo collezionista c’è che lui condivide con gli altri ciò che possiede e non è da tutti. Proponendo oggetti del passato sollecita le riflessioni dei passanti. Certo resta un comportamento curioso.