Il 12 febbraio è la Giornata internazionale conreo l’uso dei bambini soldato. Come la maggior parte delle persone, conoscevo poco la realtà dei bambini soldato fino a quando, grazie a Massimiliano Fanni Canelles, presidente di @uxilia, ho avuto l’occasione di approfondire il tema scrivendo La bambina con il fucile. La storia vera di una di loro, Pratheepa, mi è stata raccontata da Fanni Canelles, Laura Boy e altre persone che in essa hanno avuto una parte, attivi all’interno di @uxilia, e merita non solo di essere conosciuta, ma di essere urlata al mondo perché descrive la vita dei bambini soldato di ieri, di oggi e di domani. Sì, la vita di Pratheepa, raccontata nel libro, è simile a quella cui sono destinate chissà quante  bambine, e bambini, a causa della nostra indifferenza.
Secondo stime recenti di Amnesty International, nel mondo si contano circa 300mila bambini soldato, il 40% sono bambine, e il loro numero è in costante crescita. Attualmente vengono impiegati nella maggior parte delle guerre in atto. Secondo la definizione data dall’Unicef, “un bambino soldato è una persona sotto i diciotto anni di età, che fa parte di qualunque forza armata o gruppo armato, regolare o irregolare che sia, a qualsiasi titolo – tra cui i combattenti, i cuochi, facchini, messaggeri e chiunque si accompagni a tali gruppi, diversi dai membri della propria famiglia. La definizione comprende anche le ragazze reclutate per fini sessuali e per matrimoni forzati”. Molti di questi bambini svolgono il ruolo di combattenti e sono anche esecutori di atroci atti di crudeltà. Molti sono adolescenti e parecchi sono, invece, molto piccoli; talvolta hanno solo sei, sette anni. Per la loro età, sono facilmente manipolabili e non temono il pericolo, anzi, sono resi forti della loro incoscienza.
Molti hanno esperienza diretta o sono stati testimoni oculari delle peggiori violenze: massacri, esecuzioni sommarie, torture, violenza sessuale. Spesso i bambini soldato sono sopravvissuti al massacro della loro stessa famiglia e proprio la vendetta è uno degli stimoli che spingono alcuni a unirsi volontariamente ai gruppi in lotta; in altri casi vengono rapiti, prelevati con la forza dalle scuole e/o dalle famiglie. Per scrivere La bambina con il fucile ho utilizzato tutti gli strumenti di cui potevo disporre per documentarmi sui bambini soldato, non solo quelli dello Sri Lanka, il paese in cui si svolge la storia, ma anche e soprattutto quelli del resto del mondo. Così ho scoperto che il loro impiego è diffuso in moltissimi Paesi: in Africa, Sierra Leone, Angola, Liberia, Sudan; in Medio Oriente, Algeria, Azerbaijan, Egitto, Iran, Iraq, Libano, Tagikistan, Yemen, anche in Palestina; in Sud America, Colombia, Equador, El Salvador, Guatemala, Messico (Chapas), Nicaragua, Paraguay e Perù; in Asia: in Cambogia, Timor Est, India, Indonesia, Laos, Myanmar, Nepal, Pakistan, Nuova Guinea, Filippine, oltre allo Sri Lanka e probabilmente questo elenco non è neppure completo. Del resto è di questi giorni la notizia di Repubblica secondo la quale la Russia ha iniziato ad addestrare alle armi circa 40mila bambini di dieci anni, bambini soldato in pectore.
Nessuno degli altri libri che ho scritto facendo la ghost writer, ha lasciato in me un segno tanto forte come La bambina con il fucile. Non dobbiamo avere paura di conoscere questa storia, anche se sconvolgente, e ciascuno di noi deve decidere di fare qualcosa. Basta un piccolo gesto, purché non si resti indifferenti. Chi resta indifferente, chi ha paura e preferisce non sapere, diventa complice di coloro che esercitano la violenza.

 I proventi delle vendite de La bambina con il fucile sono destinati alle attività di @uxilia in difesa di donne e bambini.

Immagini dal web.

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