Domenica pomeriggio al cinema: da quanto non vedevo un film così bello? Isabelle Huppert è bravissima in Elle, una pellicola ad alta tensione tra il thriller e la commedia, in cui vittima e molestatore giocano una partita inedita e pericolosa. Il film mette in scena certa parte della nostra società, ormai capace di accettare la violenza come un incidente di percorso faticoso da digerire, ma pur sempre un inciampo che tuttavia, per Michelle Leblanche (Isabelle Huppert) imprenditrice senza scrupoli e pragmatica, rappresenta la molla che la porterà a emanciparsi dal peso di un passato scomodo, legato al padre efferato omicida, e a superare le ipocrisie cui si è sempre adattata all’interno del proprio contesto sociale. Dunque lo stupro subito tra le pareti domestiche, testimone solo il gatto, non umilierà Michelle, ma la porterà a fare i conti con se stessa, a una nuova consapevolezza della propria forza. La violenza, devastante e liberatoria, svilupperà un seguito imprevisto per il molestatore. La famiglia, gli amici di Michelle mostrano la loro totale indifferenza, la loro incapacità a solidarizzare intimamente con la vittima che del resto, in quanto esemplare archetipo della società che fa da sfondo alla storia, basta a se stessa, è anarchica nei sentimenti, priva di vergogna e di sensi di colpa, vive “a modo suo” chiusa nella torre d’avorio di una perfetta solitudine, inconquistabile per chiunque, indipendente e incapace di un sincero coinvolgimento per qualsiasi cosa non la riguardi. Vive per sé e osserva gli altri, con gli stessi occhi del suo gatto.
Elle – Francia, 2016 – drammatico, durata 130 minuti. Regia di Paul Verhoeven con Isabelle Huppert, Laurent Lafitte, Anne Consigny, Charles Berling, Virginie Efira. Il film ha ottenuto una candidatura a Premi Oscar, due candidature e vinto un premio ai Golden Globes, undici candidature e vinto due Cesar. Tratto dal romanzo “Oh…” di Philippe Djian, 2012.
Trama: Michèle è una di quelle donne che niente sembra poter turbare. A capo di una grande società di videogiochi, gestisce gli affari come le sue relazioni sentimentali: con il pugno di ferro. Ma la sua vita cambia improvvisamente quando viene aggredita in casa da un misterioso sconosciuto. Imperturbabile, Michèle cerca di rintracciarlo. Una volta trovato, tra loro si stabilisce uno strano gioco. Un gioco che potrebbe sfuggire loro di mano da un momento all’altro.
Un film molto bello, molto ben girato, con una Isabelle Huppert superlativa (come sempre). Però… A me non è sembrato che “l’incidente abbia provocato” in Michelle una nuova consapevolezza, continua ad essere il personaggio di sempre, egoista e manipolatrice, interessata solo a se stessa, vacua in un mondo vacuo ( e tutto questo ci sta, è questa la società che si sta raccontando). Non vedo crescita, né liberazione. Il personaggio mi sembra fedele a se stesso dall’inizio alla fine. E poi, devo dire che un film così, quasi un’apoteosi della violenza, in questo preciso momento storico, per le donne e per tutto quello che accade intorno a noi mi ha dato un po’ fastidio, così come questo ritratto di donna che diviene quasi complice della violenza subita (non la prima volta), che non denuncia (con tutte le scusanti della storia familiare) anzi sfrutta la situazione, rivelandosi ancora una volta una grande manipolatrice, mi disturba e inquieta, mi sembra che non renda giustizia alle tante donne davvero vittime di violenze simili.
Sì, il film è senz’altro disturbante e credo sia questo l’obiettivo.Vero, lei è una manipolatrice in una società in cui molti ambirebbero ad esserlo. Per non cedere alla violenza, l’accetta e a sua volta se ne serve.. Questo spaventa: in qualche modo e su livelli diversi molti di noi accettano alcune forme di violenza come inevitabili sia che ci riguardino sia che ricadano su altri, magari lontani.