“Che differenza c’è tra te e gli altri ghostwriter?” mi ha chiesto un amico, da sempre affascinato dalla mia attività di scrittore fantasma. La sua curiosità è cresciuta da quando ha saputo della mia trasferta a New York per la presentazione dell’ultimo romanzo che ho scritto in qualità di scrittore fantasma. Il libro, ispirato dalla storia di una giovane italo-americana, Annalisa Menin, si intitola My last year in New York ed è stato tradotto in inglese da Alistair McEwen. Riconosco che sono davvero pochi gli scrittori italiani cui capita di poter lanciare la versione inglese di un proprio testo nella città delle mille luci e, per rispondere alla domanda che mi è stata posta, devo spiegare cosa rende tanto particolare il mio metodo di lavoro.
Poiché mi piace volare alto, parto da una citazione di Andrew Crofts, uno dei più grandi ghost writer al mondo e anche uno dei più pagati. Nell’intervista rilasciata a La Repubblica nel 2014, tra le altre cose ha detto: “Il ghostwriting è come il giornalismo. Hai una storia e la racconti come meglio credi. La cosa più importante per un ghostwriter è sopprimere i propri pensieri, sentimenti, opinioni. É guardare il mondo con gli occhi di un altro ossia l’autore del libro”. Concordo con la sua definizione, ma non del tutto.
A detta dei miei narratori, le persone che mi hanno affidano le loro storie affinché ne ricavassi un romanzo, scrivere un libro con me significa affrontare un’esperienza singolare e molto coinvolgente, ciò vale ancora di più nel caso delle autobiografie romanzate. Mi piace scrivere le storie, di qualunque genere siano, traducendole in un romanzo; è un metodo che richiede una capacità di scrittura diversa da quella indicata per il giornalismo, improntato a uno stile cronachistico. Il mio ghostwriting è l’equivalente di un viaggio. Io attraverso la vita del mio narratore mentre lui me la racconta oralmente. Ascolto ciò che dice, osservo il suo modo di esprimersi attraverso il linguaggio non verbale, interpreto le sue emozioni, mi immedesimo in lui e insieme, con la sua storia e la mia capacità di trarne un romanzo, collaboriamo e diventiamo co-autori nella realizzazione di un libro che è il compendio di una vita in cui sarà rappresentata la migliore delle verità possibili. È qualcosa che va molto oltre il “raccontami la tua storia e io la scrivo per te“. La differenza di metodo, le competenze unite all’esperienza di anni di lavoro, una innata capacità di creare empatia con il narratore, sono gli elementi che rendono unico, solo mio in quanto parte del mio carattere, l’approccio al ghostwriting. E i risultati che ho raggiunto, i libri di cui posso dire di essere autrice poiché hanno in copertina il mio nome, ne sono la prova.

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A proposito, proprio ieri sera c’è stata la festa per il lancio del libro My last year in New York, organizzata dalla mia narratrice Annalisa Menin. Dove? Al 693 della Quinta Strada da Valentino. Vi pare poco?

 

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