Qualche sera fa ho assistito alla rappresentazione de La Traviata di Giuseppe Verdi. Per me era la prima volta e non sapevo bene cosa aspettarmi non tanto rispetto i contenuti dell’opera o la qualità dell’esecuzione, quanto in relazione alla mia soglia di insofferenza per ciò che non riesco a comprendere. Le volte che in passato mi capitava di ascoltare un’opera, magari alla radio, mi spazientivo perché non distinguevo quasi mai le parole cantate e perdevo il filo della recita, un po’ come mi accade per le canzoni in inglese. Insomma, anche le opere di Verdi mi sono sempre risultate “straniere”, mi scuseranno i melomani per questa affermazione. La colpa è solo mia, infatti sono ignorantissima in materia.

Invece, con mia sorpresa, posso dire di avere scoperto una nuova passione: la versione del melodramma messa in scena da Pocket Opera mi ha conquistato. Tutti conosciamo la storia di Violetta e Alfredo ispirata a La signora delle camelie di Alexandre Dumas figlio, musica di Giuseppe Verdi, libretto di Francesco Maria Piave, rappresentata per la prima volta al Teatro La Fenice, a Venezia, il 6 marzo 1853, ma non mi aspettavo la versione inedita portata in tournée sui palcoscenici dei piccoli teatri storici della Lombardia (nel mio caso il teatro di Magenta), adattata per consentire al pubblico di rivivere la grande lirica in edizione tascabile, attualizzata ai giorni nostri.

Ecco come descrive la “sua” Traviata il regista Roberto Catalano: “Questa storia ha inizio con una porta che si apre. A entrare è la luce. C’è una donna sola. Intorno a lei uno spazio espositivo. Sotto la luce appena entrata, si delineano a poco a poco i contorni delle foto in mostra. Dal buio vanno emergendo lentamente sorrisi, occhi e labbra socchiuse.
Sono dettagli di un volto. Il volto è quello Violetta. Ad essere esposta, in questa  mostra personale, è una donna che si è fatta a pezzi.
Davanti alla grande parete dove le foto sono appese, ci sono uomini e donne che osservano. Violetta si muove leggera tra la folla, del tutto consapevole di dispensare sorrisi a chi tra poco si ciberà di lei. I clienti toccano il materiale fotografico   a disposizione, lo commentano, disquisiscono sulla luce e sulla bellezza di colei che in quegli scatti è ritratta. La porta intanto resta aperta, e Alfredo è già entrato. Da questo momento tutto può essere diverso da come è sempre stato. Gli acquirenti si impossessano delle foto strappandole alla parete su cui erano appese un attimo prima. Violetta accusa il colpo destando l’attenzione di tutti. È successo un’altra volta. Le mani degli altri, divenute proprietarie dei frammenti di vita di quella donna, stringono forte i primi pezzi di qualcosa che, forse, si spera un giorno di potere possedere per intero. Ogni mostra ne è l’occasione. Ci si porta  via quanto più possibile. E Violetta si spacca un’altra volta, lasciandosi andare verso occhi e case sconosciuti, dove gli uomini brameranno osservarla, aggiungendo, da collezionisti ossessionati, un pezzo alla volta a quel volto scomposto e incompleto. Ma Alfredo è entrato, e dopo averlo fatto tutto è diverso. La porta si chiude e lo spazio espositivo si spegne. Violetta si lascia amare di un amore sempre sognato, in un luogo lontano, dove nessuno potrà più divorarla. Ma il destino ineluttabile attraversa le nuove stanze, e Violetta sceglie di sacrificarsi per l’unico uomo che abbia mai amato e da cui abbia mai ricevuto amore. E allora comincia, alla fine di una vita che corre e fa la guerra al tempo, la battaglia di una donna che lotta per ritrovarsi, un frammento alla volta, per ricomporre l’immagine perduta, e restituirla al mondo, cercando un’espiazione. La luce che passa dalla porta illumina ancora una volta la fotografia di un volto. Nessun frammento sparso. Violetta ci sorride”. Su La Traviata nella versione di Pocket Opera trovate molto altro qui: http://www.pocketopera.it/pages/2018/la_traviata.htm. Io aggiungo solo che la musica, la bravura dei cantanti e l’incanto di una scenografia raffinata e per niente scontata, oltre che la regia, mi hanno entusiasmato.

Un grazie particolare alla cara e brava Afra Morganti che mi ha dato l’opportunità di fare questa scoperta.

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