Non capita spesso che un film mi sorprenda, ma Birdman, conosciuto anche come Birdman o (L’imprevedibile virtù dell’ignoranza), che ho visto con molto ritardo considerato che è uscito nel 2014, ci è riuscito. Alejandro González Iñárritu, il regista che lo ha realizzato, ha fatto ricorso a un infinito piano sequenza, una tecnica cinematografica che consiste nella modulazione di una sequenza, ovvero un segmento narrativo autonomo, attraverso una sola inquadratura, generalmente piuttosto lunga, utile per coinvolgere lo spettatore al punto di confonderlo sul dove si trovi, dentro o fuori la narrazione. Un effetto speciale di relazione con i contenuti della storia che mi ha fatto sentire molto vicina al protagonista, tanto che ho patito con lui fino al compimento del suo destino e mi ha lasciato il rimpianto, o la curiosità, di non poter concludere del tutto il finale, almeno nel caso di questo film.  Mi è piaciuto attraversare le vicende del protagonista, è un processo simile a quello che vivo ogni volta che raccolgo la storia di cui è protagonista qualcuno che l’ha vissuta e me la racconta e per scriverla come un romanzo, in qualità di ghostwriter, ci entro dentro con tutti e due i piedi, a modo mio.

Tornando a Birdman, la storia è di base semplice, ma difficile da far rientrare in un confine di normalità; mette in scena Riggan Thompson, un attore al canto del cigno che tuttavia non è ancora pronto a farsi da parte e per questo decide di realizzare uno spettacolo teatrale a Broadway  che rappresenti il suo riscatto come artista. Tuttavia Riggan è perseguitato da un passato faticoso in cui è stato un celebre supereroe da film blockbuster: Birdman, appunto. Questo personaggio lo possiede ancora e lo domina attraverso deliri e allucinazioni, inoltre Riggan è obbligato a fare fronte alla difficile relazione con la figlia Sam, instabile e tossicodipendente, e deve gestire la complessità dell’andare in scena tra anteprime imprevedibili e l’attesa della serata inaugurale dello spettacolo in cui il giudizio di una sola persona, una critica teatrale temutissima, decreterà le sorti dell’opera e della vita di Riggan stesso.

Ora anticipo il finale, apertissimo e spaesante, quindi se non volete conoscerlo in anticipo smettete di leggere.

La sera della prima Riggan affronta la scena finale: è previsto che si spari un colpo di pistola, a salve ovviamente, ma lui confuso dai suoi stessi fantasmi, tenta davvero il suicidio usando proiettili veri. Si salva e quando torna in sé, in ospedale, scopre che lo spettacolo ha fatto centro e il suo successo è celebrato sulle prime pagine dei giornali. Nel contempo la figlia Sam lo informa che è diventato anche un eroe social. Riggan rimasto solo si affaccia alla finestra, sale sul davanzale; Sam torna nella stanza e vede la finestra aperta, si affaccia, guarda in basso e poi verso l’altro e sorride. Che ne è di Riggan? Ciascun spettatore può dare la risposta che più gli piace, resta il messaggio che a mio parere è soprattutto di rivolta contro la manipolazione del talento, quello vero, spesso usato nel contesto di produzioni omologate alla volgarità di un mero prodotto di consumo.

La citazione: Dialogo tra Sam (Emma Stone) – Mike Shiner (Edward Norton)
Mike: “Obbligo o verita’?”
Sam: “Verità”
Mike: “Che cosa vorresti fare con me?”
Sam: “Vorrei strapparti gli occhi e metterli al posto dei miei. Per poter vedere questa strada con gli occhi di quando ero ragazzo!”

 

Birdman (2014) è un film di Alejandro González Iñárritu con Michael Keaton, Zach Galifianakis, Edward Norton, Andrea Riseborough, Amy Ryan. Nel 2015 è stato candidato a nove Premi Oscar e ne ha conquistato quattro: Miglior film, Miglior regia, Miglior sceneggiatura originale, Miglior fotografia.

Immagine dal Web.

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