I tanti che non sanno chi sia Jane Goodall, etologa e antropologa, un’autorità nell’ambito della ricerca sulla vita sociale e familiare degli scimpanzé, ora hanno l’occasione di approfondire la conoscenza con questa donna eccezionale e con l’organizzazione che porta il suo nome, impegnata nello studio e nella protezione dei primati in diverse zone del mondo. In occasione della Giornata mondiale della terra 2018  Google aveva realizzato un Doodle con protagonista la Goodall (lo potete vedere cliccando qui) e ora finalmente abbiamo la possibilità di vedere il film che racconta la sua vita. Presentato in anteprima mondiale al Festival di Toronto 2017, dove ha riscosso un grande successo di critica, e realizzato attraverso la rielaborazione di oltre 100 ore di filmati inediti, Jane offre un ritratto intimo, sincero e senza precedenti di Jane Goodall, le cui ricerche sugli scimpanzé sfidarono le opinioni scientifiche di predominio maschile del suo tempo, rivoluzionando la comprensione del mondo naturale. Attiva fin dai primi anni Sessanta, Jane Goodall è un’autentica icona vivente, dell’etologia e non solo, perché la sua vita, dedicata allo studio dei grandi primati antropomorfi, alla conservazione dell’ambiente, alla formazione delle nuove generazioni e alla divulgazione scientifica molto può insegnare su come rapportarci in modo virtuoso al nostro bellissimo ma spesso oltraggiato pianeta.

Sono oltre 40 i documentari, oltre ad articoli, libri, conferenze e immagini che l’hanno fatta conoscere in tutto il mondo. Ora “Jane”, il film evento sulla vita di Jane Goodall, prodotto da National Geographic e Public Road nel 2017, utilizzando materiale filmato inedito degli archivi della National Geographic Society, arriva al cinema, e ne propone un ritratto intimo, tra ricerca e vita privata, indissolubilmente legate dopo il suo trasferimento a Gombe, la Riserva della Tanzania dove la scienziata ha condotto i suoi studi e vissuto senza soluzione di continuità dal 1960 alla fine degli anni ’70 e dove ancora, alla vigilia degli 84 anni, si reca più volte l’anno.

L’autore di gran parte delle immagini d’epoca – sapientemente montate nel film e di una qualità incredibile anche per gli attuali standard – è Hugo van Lawick, un fotografo e videomaker che nel 1962 ebbe l’incarico da National Geographic di andare a seguire nel bel mezzo dell’Africa centrale una giovane ricercatrice inglese che studiava gli scimpanzé. Jane Goodall si aggirava allora, incurante dei pericoli, nella foresta di Gombe, in prossimità del lago Tanganica, con un taccuino in mano, indossando scarponi di tela e pantaloncini color cachi, con l’aria mite, ma determinata, e i capelli raccolti in una coda di cavallo. L’incontro con van Lawick – all’inizio segnato da una certa insofferenza poiché Jane aveva rifiutato la presenza di un estraneo che poteva disturbare il suo approccio con gli scimpanzé – fu in molti modi fondamentale nella vita di Jane Goodall. Durante quella prima missione del 1962, Hugo scattò migliaia di fotografie e girò 65 ore di riprese con la sua cinepresa 16mm. Parte di questo materiale fu utilizzato per il documentario che nel 1965 consacrò Goodall all’attenzione internazionale (con una audience di 25 milioni di americani quando fu trasmesso dalla Cbs): “Miss Goodall and the Wild Chimpanzees”, in cui la voce narrante era quella di Orson Welles. I rulli contenenti le sequenze tagliate in fase di montaggio di quel documentario del 1965 sono stati ritrovati nel 2015 in un deposito della Pennsylvania. Le  immagini ci restituiscono degli inediti “dietro le quinte”, soprattutto la rappresentazione di un’intesa professionale, quella con van Lawick, che si tramuta dapprima in complicità e poi in un rapporto affettivo. La ricercatrice e il suo “regista” convoleranno a nozze nel marzo del 1964 e avranno un figlio nel 1967. Negli anni successivi prenderanno strade diverse, pur continuando a collaborare.

Le immagini inedite girate da van Lawick nel corso degli anni ’60 e ’70, con riprese private della famiglia, e con una lunga recente intervista alla Goodall, convergono nel film del 2017, “Jane”, che racconta gli anni dell’infanzia e della formazione in Inghilterra, dal manifestarsi dell’amore per gli animali all’arrivo in Africa, dell’incontro con col noto paleoantropologo inglese Louis Leakey, che fu suo mentore, e del lungo periodo dello studio degli scimpanzé a Gombe.
“Una delle più grandi sfide del film”, ha affermato il regista Brett Morgen (candidato all’Oscar per il documentario “On the Ropes”) nel corso della conferenza stampa di presentazione, “è stato portare un materiale sterminato di 140 ore di bobine per fotocamera girate in forma discontinua, e senza sonoro, e dargli una forma compiuta, coinvolgente,  un montaggio che potesse rendere la storia di Jane e la sua vita a Gombe”. “Ma nonostante questo problema – ha aggiunto Morgen – quando ho preso visione per la prima volta di questo materiale filmato,  ho pensato che in qualche modo mi ero imbattuto nel più grande film in 16mm esistente”.

JANE di Brett Morgen sarà presentato in anteprima dal 9 al 16 luglio presso il Cinema Spazio Oberdan di Milano Fondazione Cineteca Italiana.
R. e sc.: Brett Morgen. Fot.: Ellen Kuras. Int.: Jane Goodhall, Hugo van Lawick. USA, 2017, 90’, v.o. sott. it.

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