La paura che proviamo nei confronti di ciò che non conosciamo è sempre figlia della nostra ignoranza. Per imparare a distinguere il vero dal falso, e oggi è quasi una questione di sopravvivenza, possiamo ricorrere a un mezzo formidabile: i libri. Il discorso è impopolare in un Paese in cui nessuno legge e molti faticano a comprendere quel che leggono, ma la conoscenza, la lettura, la capacità di sviluppare un proprio senso critico, sono la migliore chiave per interpretare ciò che accade intorno a noi senza filtri di alcun colore. La sudafricana Hazel Rochman, parlando dei percorsi mentali che la lettura ci permette di fare, ha detto: “Leggere fa di noi tutti degli immigrati. Ci porta via da casa nostra, ma soprattutto trova per noi una casa ovunque”. Leggere ci aiuta a capire meglio la storia di ieri e di oggi. Il momento che stiamo vivendo è importante, e pesante, non possiamo permetterci di essere stupidi e superficiali. Nessuno deve sentirsi autorizzato a dirci come la dobbiamo pensare.

Per cercare di capire il presente partendo dal passato, ho trovato spunti importanti nell’articolo che la scrittrice italo-somala Igiaba Scego ha scritto nell’aprile del 2017 per Internazionale, in cui propone un elenco di libri utili a individuare la faccia del colonialismo italiano, al di fuori del “mito del colonialismo buono”. Di seguito l’inizio del post:

“La sera del 21 marzo 2017 la sala del cinema Farnese a Roma è piena. I giovani sono molti.

L’occasione d’altronde è di quelle da non perdere: la proiezione del documentario di Raoul Peck I’m not your negro, basato su uno scritto inedito di James Baldwin. Il documentario ripercorre con intelligenza e sentimento la stagione afroamericana dei diritti civili e le vicende di tre personaggi – Malcolm X, Martin Luther King, Medgar Evers – uccisi per il loro impegno contro il razzismo. Peck è un regista che non dà tregua. Ogni fotogramma è un invito a non abbassare la guardia, a non nascondersi dietro il velo del conformismo.

Sa come ferirci con immagini di linciaggi reali o ricostruiti per lo schermo. Sa come scuotere le coscienze assopite o troppo impaurite per agire. E vediamo in ogni inquadratura quel corpo nero, quel popolo nero, maltrattato, umiliato, annientato, polverizzato. Un corpo che a seconda delle esigenze del potere diventa portatore delle ansie e della cattiva coscienza di un’intera nazione.

Mi ha colpito una scena, in particolare, di questo film. A un certo punto, James Baldwin, finito un discorso davanti a degli studenti universitari, perlopiù bianchi (wasp, white anglo-saxon protestant), sembra impaurito dal loro entusiasmo. Lui è l’unico nero e sta al centro della sala. Loro sono in piedi ad applaudire. Per un attimo Baldwin li guarda a uno a uno, scosso. Non è solo l’emozione che può provare uno scrittore quando viene apprezzato, c’è qualcosa di più nei suoi occhi che scrutano gli studenti. C’è una ferita mai sanata della storia, c’è un nero al centro di una folla bianca che sta per essere linciato. Baldwin sa di essere in un’aula universitaria, sa che gli studenti lo adorano. Ma per un attimo i suoi occhi pieni e rotondi vedono un’altra scena, e come in un cortocircuito della memoria lo attraversa la paura di non essere più protetto, di perdere il corpo.

La voce di una storia nascosta
Nel documentario dell’Italia si parla una sola volta. Il nome del paese è per Baldwin legato all’aggressione fascista contro l’Etiopia degli anni trenta e in generale il riferimento è al feroce colonialismo in Africa orientale a cui gli afroamericani hanno risposto con manifestazioni antifasciste in favore del popolo etiope aggredito. Quell’Italy pronunciato da James Baldwin, e nel film filtrato dalla voce bassa e profonda di Samuel L. Jackson, mi fa tremare il cuore.

In quel momento si crea una connessione tra l’America (del nord e del sud) e l’Europa. Due continenti che hanno una storia di violenza alle spalle, mai del tutto pacificata. Una storia nascosta o mistificata in vari modi. E che solo ora, e pure faticosamente, trova voce”.

(continua a leggere su Internazionale.it)

Immagine dal web: dipinto di Lidio Ajmone_Mogadiscio_Somalia-italiana

Share: