Scrivere è un mestiere. Se vuoi fare della scrittura il tuo lavoro devi studiare per acquisire le competenze che costituiscono la base da cui partire per diventare, forse, uno scrittore. Se non ti applichi, non leggi, non studi, non scrivi… non hai speranza, salvo che tu non sia una penna eccezionalmente talentuosa, ma le perle rare sono, appunto, fuori dal comune.

Lo scrittore professionista deve possedere, oltre le competenze, anche passione, costanza e tenacia per ottenere un qualche risultato. Inoltre non si è mai arrivati, infatti c’è sempre da imparare. Come qualsiasi lavoro, anche quello dello scrittore esige una formazione continua fatta di testi letti, pagine scritte, orecchie capaci di ascoltare, attente a raccogliere storie, cui si sommano  la voglia, la curiosità e l’attitudine a fare ricerche, sopralluoghi, conoscenze ed esperienze strampalate.

Io scrivo spesso romanzi ispirati da storie vere che mi raccontano le persone che delle vicende di cui scrivo sono stati i protagonisti nella realtà. A parte tutte le speciali competenze che richiede ilscrivere mestiere mio lavoro di ghost writer, così come l’ho tagliato sulla mia misura, voglio accendere un faro su cosa “guadagno scrivendo”, e in questo caso non parlo di soldi.

Scrivere romanzi non fiction è un modo di viaggiare nel mondo e dentro le vite degli altri: navigo luoghi e sentimenti, scopro situazioni e trame di pensiero cui altrimenti non avrei accesso. Apro porte, esploro cuori e… sconfino, scopro parole, musiche e colori che non abitano né il mio tempo né il mio spazio.  Perlustro l’inconosciuto con la mente aperta e ogni volta il guadagno e la soddisfazione per ciò che raccolgo mi fanno diventare più ricca.

Riempio pagine con immagini straordinarie, scopro linguaggi che non mi appartengono, ma sono coerenti con il campo d’azione inedito in cui mi muovo; monto scene che poi entreranno nel romanzo, o forse no perché la scelta di ciò che deve stare nel libro, mentre altro resterà fuori, è il centro di tutto. Conservo ogni appunto che poi, domani o tra qualche anno, chissà… Mentre lavoro mi ripeto che io scrittore devo essere al servizio della storia, devo scrivere stando un passo di lato, alla giusta distanza.
Alla fine pulisco il testo pensando al lettore che ha il diritto di comprendere ciò che legge, di farlo suo e di completare la storia come preferisce, a lui piacendo.

Il mio intento è sempre lo stesso: scrivere in modo da indurre il lettore a “vedere la storia, mentre gira le pagine, una dopo l’altra”, curioso di restare lì, conquistato, almeno lo spero, dai personaggi, dalla trama, dall’ambientazione e dall’atmosfera che ho imbastito, e coinvolto al punto che quando chiuderà il libro continuerà ad avere in testa quello che ha letto ancora per un po’ perché la storia continuerà a parlargli e non si farà dimenticare.

Scrivendo stendo il filo tra chi ha vissuto la storia e chi la leggerà. Il narratore, la sua storia, avranno lasciato un’impronta che verrà rimarcata ogni volta che qualcuno si soffermerà a leggere le pagine di quel libro.

Immagini dal web: Quint Buchholz – da Nel paese dei libri di Quint Buchholz (Autore), B. Rinaldi (Traduttore) – Beisler Editore, 2014

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