Mi sento sempre più a disagio in questo tempo in cui la sopraffazione dei deboli è il segno della forza di chi sa urlare più forte e non riesco a capire quali siano gli obiettivi delle persone comuni, considerato che quelli di chi sta al potere sono invece scoperti, e indecenti.

Le persone si sono assuefatte all’uso del navigatore, non sanno più orientarsi usando le stelle, o consultando una semplice carta stradale. Sono cieche, girano a vuoto, sbattono, si fanno male e fanno danni eppure si ostinano a seguire le indicazioni che talvolta arrivano dal web: informazioni false, o inesatte al punto che magari indicano di imboccare una strada che finisce in un burrone.

Dobbiamo rimetterci in carreggiata, ricominciare a pensare con la nostra testa, riflettere su quello che è accaduto in passato mettendolo in relazione con il presente e inquadrandolo in un ipotetico futuro.

Basta leggere una manciata di pagine per entrare nella Storia del secolo scorso e ragionare su quel che potrebbe accadere oggi. Perché la Storia, una nuova e diversa, si è rimessa in movimento.

Hitler è da poco al potere quando Stefan Zweig, uno scrittore di successo, e Joseph Roth, all’opposto uno scrittore alla perenne ricerca di un editore, ambedue ebrei e molto amici, iniziano un carteggio che coprirà il periodo che va dal 1933 al dicembre del 1938.   I due comprendono subito quale sia l’infame disegno politico del nazionalsocialismo e, ciascuno a modo proprio, fanno i conti con la paura per un futuro quanto mai incerto mentre si aggrappano a illusioni basate su presupposti diversi. Roth è più consapevole del disastro incombente mentre Zweig si affida e confida nella solidità del pacifismo e si illude che possa essere un punto fermo, una conquista acquisita dalla ragione. Le riflessioni d’ordine politico e sociale si intrecciano con le manifestazioni d’affetto dell’uno per l’altro, a sigillo di un un’amicizia profonda.

Citazioni:

Lei non ha ragione nel dire che siamo diventati tutti pazzi. C’è una compensazione nel mondo, tra logica e follia. In ogni caso noi, noi che abbiamo ricevuto la spada della ragione, non abbiamo il diritto di buttarla via. […] Il futuro mi darà ragione. Avevo previsto anche la follia estrema dei prussiani, perché credo in Dio. E lei non ha captio, perché credeva nell'”umanità”: un concetto così oscuro che , in confronto, si potrebbe supporre di incontrare  in ogni momento Dio stesso nel roveto.
Alla fine, l’amicizia è la vera patria“. Joseph Roth

“Viviamo in un mondo al tramonto e dobbiamo essere felici, se intanto riusciamo a sopravvivere a questo tempo. Non accusi gli editori, non incolpi i suoi amici, non si batta il petto, ma abbia alla fine il coraggio di ammettere che lei, per quanto sia un grande scrittore, nella vita di tutti i giorni è un piccolo povero ebreo; povero quasi come gli altri sette milioni e dovrà vivere come i nove decimi di questa terra, nella miseria e nella costrizione. […] Se lei fosse abbastanza intelligente si libererebbe di tutti questi falsi concetti del dovere. Lei ha un solo dovere, scrivere libri decenti e bere il meno possibile, per conservarsi per sé e per noi”. Stefan Zweig

ghostwriterLa quarta:
Joseph Roth e Stefan Zweig ebbero un intenso rapporto epistolare, che consolidò la loro amicizia. A partire dagli anni Trenta, l’incalzare degli eventi politici invade inevitabilmente la sfera privata e professionale dei due scrittori, che sono costretti ad affrontare l’asprezza del nuovo clima intellettuale imposto da Hitler, verso cui anche molti editori e autori ebrei mostrano un’ingenua, e fatale, indulgenza. In lettere sincere e appassionate, i due amici si scambiano giudizi, impressioni e commenti, in cui la condizione privata si intreccia alla situazione generale. A un Roth caustico e rabbioso, che esorta l’amico fraterno a reagire con più decisione all’incombere della barbarie, risponde uno Zweig più rassegnato e disilluso, che ha iniziato il tormentato peregrinare in giro per il mondo alla ricerca di un isolamento artistico e umano. Leggere queste lettere significa immergersi in uno dei periodi più bui della civiltà europea, attraverso lo sguardo di due testimoni che vissero quegli anni con intatta dignità e commovente sofferenza.

Joseph Roth (Brody, 1894 – Parigi, 1939) Scrittore e giornalista, in seguito all’ascesa di Hitler fu costretto a lasciare la Germania, continuando a pubblicare i suoi libri in Francia e nei Paesi Bassi. Morì in povertà a Parigi.
Stefan Zweig (Vienna, 1881 – Petrópolis, 1942) Di famiglia ebraica, fu tra gli scrittori più popolari del primo Novecento e maestro del genere biografico. Nel 1933 le sue opere furono bruciate dai nazisti, così lasciò l’Austria per Londra, e poi si trasferì a New York. Morì suicida in Brasile.

L’amicizia è la vera patria di Joseph Roth e Stefan Zweig
traduzione di Nicola Zippel – Editore Castelvecchi, 2015 – pag.91

Immagine dal web Joseph Roth e Stefan Zweig

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