Vi ricordate di Jerry Essan Masslo, il ragazzo sudafricano ucciso  il 25 agosto 1989 a Villa Literno mentre si difendeva da una rapina? Volevano sottrargli la paga ed è finita che gli hanno rubato la vita. Cito Roberto Saviano da un articolo di Repubblica del 24 agosto 2014: “Jerry Masslo viveva in una masseria abbandonata di Villa Literno quando il 25 agosto 1989 in quattro decidono di rapinare i salari dei braccianti. è un prelievo facile, che “balordi” non camorristi e spesso figli della piccola borghesia locale ogni tanto fanno. Arrivano in motorino all’alba per trovare gli africani ancora intontiti, si mettono una calza in testa e armati urlano ai “negri” di consegnare i soldi. Un ragazzo sudanese prova ad avvertire gli altri di scappare, gli spaccano la testa con il calcio della pistola e gli rubano un milione e mezzo di lire che teneva sotto il cuscino. Decine di ragazzi corrono verso le campagne. Jerry Masslo. Anche lui corre, corre e inciampa ricordano i testimoni, cade quasi in ginocchio davanti ai rapinatori, alza le mani ma non consegna i soldi. Parla in inglese, una sola domanda: “Why?”, perché, e lo chiede ancora e ancora e ancora. Troppe volte. Quattro colpi lo colpiscono all’addome, i rapinatori feriscono anche un ragazzo keniota. Finiti i proiettili scappano sui motorini. Jerry Masslo resta a terra”.

Allora la notizia della morte di Masslo ebbe grande risalto, l’opinione pubblica si mobilitò in diverse forme e a Roma fu organizzata la prima grande manifestazione nazionale contro il razzismo; di lì a pochi mesi la politica produsse la Legge Martelli. I segnali di apertura nei confronti dei migranti lasciavano intravedere per loro e per noi un futuro aperto all’integrazione. Quella di allora era una Italia migliore, più consapevole e meno indifferente.  In seguito è iniziata una lenta involuzione, uno scivolamento all’indietro, lì dove pensavamo di non tornare mai più, mentre la cronaca continua a registrare altre morti e tanta violenza. L’ultima vittima in ordine di tempo è Sacko Soumaila, migrante del Mali, sindacalista dei nuovi schiavi, assassinato il 4 giugno da una fucilata razzista nella zona di San Calogero, Rosarno, in Calabria. A distanza di qualche settimana già ci stiamo dimenticando della sua storia.

A quasi trent’anni dalla vicenda che ha coinvolto Jerry Masslo, ho smesso da un pezzo di guardare con curiosità mista a entusiasmo al futuro; del resto sono invecchiata e l’età mi consente un orizzonte ristretto. Vedo che ci stiamo imbarbarendo, il dialogo, il confronto sono spesso difficili al punto che mi capita di non riconoscere persone che stimavo, ora spudorate nello sfoderare teorie razziste senza vergogna. Ho sempre pensato di non avere nemici e costoro, i razzisti, mi spiegano che i migranti sono miei nemici, gli zingari sono miei nemici e a breve allungheranno la lista perché a chi fa propaganda conviene fornire ogni giorno nuove categorie da odiare e ha anche gioco facile nel manipolare le informazioni perché dall’altra parte c’è il vuoto, nessuna opposizione pare più presente. Tra la gente comune che non sente di appartenere al popolo urlante, molti restano in silenzio e preferiscono non esporsi; forse per alcuni esiste già un implicito limite alla libertà di parola che conviene non superare, o forse è un segno di menefreghismo, o di perdita di qualsiasi speranza.

Gli indifferenti, sbagliando in modo colpevole, vivono fingendo che tutto ciò che accade intorno a loro non li riguardi. Purtroppo saranno proprio loro a determinare il nostro destino. Spero che si sveglino presto dal letargo in cui si sono confinati; è da un pezzo che devono assumersi la responsabilità di un presente che ogni giorno diventa più pesante.

La nostra vita comincia a finire il giorno
che diventiamo silenziosi sulle cose che contano.
Martin Luther King

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