Ed è arrivato il momento di mettere in vetrina Il paese dei tarocchi, questo il titolo del romanzo oggetto di un esperimento di scrittura collettiva portato avanti da cinque autori: Lorenzo Banfi, Susanna De Ciechi, Nicoletta Molinari, Francesca Moscato e Monica Pegna, il gruppo de Gli Spiumati.
La storia che raccontiamo in questo libro è presto detta: quattro donne e due uomini sono costretti a una coabitazione forzata, tutti insieme in una stanza per quarantotto ore. Non è una stanza qualunque: è un seggio elettorale. E non è neppure un’elezione qualunque: siamo al voto d’appello per l’Italia e gli italiani, indirizzati al cambiamento. Tuttavia non è questa la novità che più conta. Pepe, il presidente, sua figlia Barbara, la segretaria, e gli scrutatori Andrea, Lilli, Nanà e Moira, sono i sei personaggi di questo psicodramma politico e umano che incrociano i loro destini, alla ricerca di se stessi. Il seggio diventa un luogo senza tempo dove passato e presente si mescolano fino alla declinazione di un nuovo futuro. Una sorta di viaggio nel come eravamo per capire come siamo. Con qualche tocco di nostalgia. La voglia di comprendere se il 1994 sia stato un inizio oppure una fine.

L’inizio e la fine.
L’inizio di questo progetto è stato eccitante, divertente, ricco di promesse. Ciascuno di noi aveva trovato lo spazio per dare il proprio apporto alla stesura del libro. Avevamo inventato modi diversi di interagire sulle pagine che, mese dopo mese, crescevano di numero: un capitolo e una pizza, due capitoli e il tiramisù, la revisione della prima parte e una bavarese indimenticabile. Procedevano così i nostri incontri, tra parole, cibo buono e risate. Con noi c’era anche Monica, forse la più attiva, la più attenta nel monitorare la nostra storia work in progress. A primavera avevamo deciso di iscriverci a Bookcity, poi la corsa finale per terminare il lavoro, passare il vaglio dell’editing, decidere la copertina.
E intanto è arrivata l’estate.
Monica non stava bene.
Quest’anno ho trascorso i mesi caldi  andando un po’ in giro. Sole, mare e un saluto alla mia amica. Città, afa tropicale e una visita alla mia amica. In partenza per la montagna, restavo al telefono per tutto il tempo del viaggio con la mia amica. In gita sul lago, la chiamavo e lei non rispondeva. E non richiamava.
Il giorno dopo però era lì per me, al primo squillo, la sua voce la stessa di sempre. La immaginavo sorridente, bella come l’avevo vista l’ultima volta. Mi aveva raccontato che era stata male, ma poi aveva aggiunto: “Basta lamentarsi, non ne voglio più parlare”. Scherzava, minimizzava, lo faceva da anni. Mi rivolgevo a lei come se avesse un futuro. L’argomento preferito era la scrittura e il libro che avevamo scritto insieme lei, io, Francesca, Nicoletta e Lorenzo. I progetti comuni per i prossimi mesi. La presentazione prevista per novembre. “Io non ci sarò” mi aveva scritto in una email. Avevo finto di non crederle.
“Io non ci sarò” aveva ripetuto a noi quattro, che la fissavamo attoniti su Skype. Erano gli ultimi giorni di agosto. Giravamo in tondo con le parole, fingevamo, impietriti e forse un po’ vigliacchi. Lei no, ma ci ha fatto la grazia di non aggiungere altro, forse per pudore o magari per riguardo. Lei era più forte di noi.
L’ultima domenica abbiamo scambiato qualche e-mail, scherzando con parole leggere. Monica ci ha salutato con “un grosso abbraccio a tutti”.
Una manciata di ore più tardi l’avremmo persa.
Intorno a noi l’estate non mollava, non ci voleva lasciare. Non aveva senso tutto quel sole. Sentivo il bisogno del tiepido d’autunno, delle sfumature quiete, di odori meno insolenti, di tutti gli strumenti che si accordano per aprire il concerto dell’inverno.
Di Monica ancora con me.

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