Mi ha fatto piacere scoprire in un articolo su Pangea i suggerimenti che Abelardo Castillo, scrittore argentino (1935 – 2017) considerato un maestro per i racconti brevi, ha destinato a chi scrive per mestiere, scrittore o ghost writer che sia, e a maggior ragione alla nutrita platea degli hobbisti della penna; magari dopo averli letti qualcuno tra gli appartenenti all’ultima categoria potrebbe scoraggiarsi e desistere. I suoi “consigli” sono espressi in modo ruvido, colto e divertente allo stesso tempo. Castillo li ha definiti Minimas – il contrario delle ‘massime’ – e sono inseriti in calce al libro di saggi Ser escritor (2005). Tra tutti ce ne sono almeno due di cui tutti noi dobbiamo tenere conto e che sono i miei preferiti:

“Non basta che ti sia accaduto qualcosa
perché sia interessante per un altro,
inoltre
non pubblicare tutte le stupidaggini che scrivi”.

Non conoscevo Castillo e conto di iniziare a colmare la lacuna leggendo I mondi reali, una raccolta di racconti pubblicata per la prima volta in origine nel 1997, uscita in Italia nel 2015 con Del Vecchio Editore. Qui di seguito l’elenco integrale dei suggerimenti pensati dallo scrittore argentino:

Puoi bere, fumare o drogarti. Puoi essere pazzo, omosessuale, mutilato o epilettico. L’unica cosa necessaria per scrivere ottimi libri è essere un ottimo scrittore. Ovvio, ti consiglio di non scrivere da drogato o da ubriaco o mentre fai l’amore né di scrivere con la mano monca o nel mezzo di un attacco di epilessia o di follia.

Un muratore può abitare la casa che ha costruito, ha detto così, grosso modo, Sartre, e un sarto può indossare l’abito che ha cucito; uno scrittore non può essere il lettore del proprio libro. Un libro è ciò che i lettori vi mettono dentro. Nessuno scrittore può aggiungere un significato nuovo alle proprie parole. Se può farlo, deve scrivere un altro libro.

Non scrivere che qualcuno ha preso qualcosa con ‘entrambe’ le mani. Basta scrivere ‘le mani’, e a volte ne è sufficiente una sola. La gente, di solito, ha una ‘faccia’, non un ‘volto’. Sulle scale non si ‘ascende’, si ‘sale’. Non entrare nelle ‘camere da letto’, entra in un ‘dormitorio’. Evita le ‘finestre’ e soprattutto le ‘grandi finestre’. Sii parsimonioso: se quello che arriva al galoppo è un cavaliere, non c’è bisogno del cavallo. Il contrario è impossibile. La parola ‘cavallo’ giunge misteriosamente senza cavaliere.

Quello che dice Borges sui sinonimi è vero: non esistono. ‘Cane’ non è la stessa cosa di ‘molosso’, e la parola ‘cagna’ non ha lo stesso valore di ‘puttana’. Mi raccomando, però, di usare un buon dizionario dei sinonimi. Uno intende scrivere: ‘parlò a bassa voce’. Visto che non gli piace, sostituisce con ‘voce sinistra’, che è una formula orrenda. Allora sfoglia il dizionario e a caso, da qualche parte, scopre la parola ‘pallida’. E scrive: ‘parlò con una voce pallida’, e questo è buono.

Non usare mai aggettivi in ordine decrescente, mai dire: ‘Era una montagna titanica, enorme, alta’. Se non lo capisci da te, nessuno può aiutarti. Se sai aggettivare bene, non crederti un grande stilista. Hai usato l’ultimo aggettivo, dimenticandoti di cancellare gli altri due.

Nessuno scrive un libro. Si scrivono solo bozze. Un grande scrittore è quello che ha scritto le bozze migliori.

Non cercare di essere originale o di richiamare l’attenzione. Per farlo non c’è bisogno di scrivere racconti o romanzi: basta uscire di casa nudo.

Non descrivere altro che l’essenziale. La posizione del piede, in molti casi, è più importante del colore delle scarpe.

Scrittori ed editori pensano che un romanzo sia più importante di un racconto. Non credergli. È solo più lungo.

Gli scrittori di racconti pensano che il racconto sia il genere più difficile. Non credere neanche a loro. È solo più breve. Il racconto è difficile solo per chi non dovrebbe tentarlo. Per Poe era facilissimo, per Cortázar, Cechov e Hemingway lo stesso.

Non ti impressioni il fatto che siano esistiti Dante, Cervantes, Shakespeare. Tutto accade sempre la prima volta: anche il tuo libro.

Attento al computer. Tutto è così pulito da sembrare ben scritto.

Magari sei invidioso, malvagio, un po’ stupido, avaro, una brutta persona. Non ti preoccupare: un buon libro è sempre migliore di chi lo ha scritto.

Non conservare mai nella tua libreria i libri che hai scritto. Il posto dei tuoi libri è nella libreria di un altro.

Gide ha detto che con le buone intenzioni si scrivono cattivi libri. La verità è che anche con le cattive intenzioni si scrivono a volte cattivi libri. Il fatto è che nessuno sa come si scrivano i buoni libri.

Non basta che ti sia accaduto qualcosa perché sia interessante per un altro. Questo vale per la scrittura come per la conversazione.

Leggere un grande romanzo o un bellissimo racconto è tanto appassionante come averlo scritto. Se non l’hai sentito, non inventare, per amor di Dio, dedicati alla critica letteraria.

Isadora Duncan ha detto: “Voglio ballare con questa sedia”. Lei potrebbe, forse. Ma un romanziere, un narratore, un drammaturgo, non desiderano ballare, dipingere né fare musica con le parole. Desiderano raccontare una storia.

Non pubblicare tutte le stupidaggini che scrivi. Ci penserà la tua vedova.

Scrivere ciò che si vuole è destrezza. Scrivere ciò che si deve, onestà. Il più grande e il peggiore degli scrittori sono la stessa cosa: scrivono unicamente come possono.

Non chiedere in prestito un libro. I grandi libri si comprano o si rubano.

Se un libro ti è piaciuto molto puoi regalarlo. Ma non prestarlo: avresti una disperata necessità di rileggerlo quella notte stessa.

Stai attento a Borges, Kafka, Proust, Joyce, Arlt, Bernhard. Stai attento a quella prosa folgorante a quegli universi così tanto intensi. Si attaccano alle tue parole come patelle. Queste persone non hanno scritto così: era così.

Immagine dal web.

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