Aspiranti autori, prima di tentare la via della scrittura, almeno impegnatevi per diventare aspiranti lettori! Molti tra quelli che vogliono scrivere non leggono e quando chiedo perché, alcune volte ricevo risposte strane come: “Non leggo, non posso, non sono portato alla lettura perché mi rallenta”. Tuttavia è anche per questo che il nostro lessico si è impoverito, così come i pochi pensieri compiuti che, simili a iceberg isolati e pure in fase di scioglimento, navigano le menti di molti.

E allora, in un contesto simile, chi fa più caso alla scelta delle parole! Eppure le parole che scegliamo di usare sono importanti, sono un valore e dicono molto di noi, di ciò che siamo. Ciò vale sia per il linguaggio parlato sia quando scriviamo, o proviamo a farlo. Invece spesso selezioniamo le nostre parole con superficialità, preferiamo fare ricorso a “parole di scarto”, monnezza sversata nelle nostre teste dai media che adeguano il linguaggio al ribasso, tanto più cresce il livello di ignoranza diffusa in cui navighiamo.

Siamo convinti che sia un bene inneggiare all’ignoranza che permette ai furbi di manipolarci a loro comodo, senza colpo ferire?

Io dico che non dobbiamo arrenderci. E poi inciampo per l’ennesima volta in uno dei tanti aspiranti scrittori tra quelli che mi chiedono un parere, magari l’editing, perfino la riscrittura della loro fatica. Tra i primi suggerimenti che do, uno riguarda sempre il fare attenzione alle parole e per spiegarmi faccio un esempio pescando nel loro testo una parola ordinaria e proponendo un’alternativa; quasi sempre la risposta è: “questa parola non mi piace, non usa. È superata”. Insuperata resta la tua ignoranza, caro aspirante scrittore.

Un esempio recentissimo riguarda la parola carampana. L’autore di turno doveva definire una tipa stile Ornella Vanoni anno 2019 (non me ne voglia Ornella che ai suoi tempi era una donna strepitosa); io l’avrei indicata come una carampana, lui mi ha risposto: “Cos’è carampana, non lo capisce nessuno. Io preferisco come ho scritto: vecchia”.

Vediamo di chiarire: cosa c’è dietro e dentro la parola “carampana”?

Oggi viene definita una carampana una persona matura, o addirittura vecchia, che si atteggi a giovane assumendo atteggiamenti al limite del ridicolo; se il termine è riferito a una giovane, probabilmente si intende fare riferimento a una rompiscatole, saccente e noiosa

Ecco cosa dice la Treccani riguardo la parola carampana s. f. [forse dal nome della Ca’ Rampani, palazzo nobiliare e poi rione assegnato dalla Repubblica di Venezia ad abitazione delle prostitute], region. – Donna volgare, sguaiata, oppure brutta e vecchia – (roman.) sgarambona, (region.) strappona, (roman.) trucidona.

ghostwriterÈ interessante conoscere la storia di questo vocabolo che racchiude una parte della storia della prostituzione a Venezia. Nel Trecento Venezia era una città cosmopolita, crocevia di affari e interessi, assai frequentata da viaggiatori, mercanti, forestieri che dopo avere concluso i loro commerci e visitato i monumenti della città, magari non disdegnavano di svagarsi con qualche donna. All’epoca, e fino alla metà del XIV secolo, il Comune stabilì che le prostitute dovessero restare confinate in un quartiere nei pressi di Rialto, il Castelletto, relativamente lontano da chiese e altri luoghi di culto; lì c’erano delle vecchie case fatiscenti che comprendevano il palazzo nobiliare della Ca’ Rampani, da cui il nome del luogo Carampana, dove erano relegate le prostitute. Il limite del loro territorio era il Ponte delle Tette, il luogo in cui si mettevano in mostra per adescare i clienti. La Serenissima cercava di controllare la prostituzione e in un certo modo la favoriva per evitare che gli uomini fossero indotti a “peccare contro natura”. All’epoca l’omosessualità veniva punita con l’impiccagione e il corpo del condannato veniva dato alle fiamme. In seguito, con l’evoluzione dei costumi, le prostitute iniziarono a esercitare la libera professione in tutta la città, senza alcuna limitazione neppure per le aree nei pressi dei luoghi di culto. A ricordo di questo luogo, esistono una calle e sotoportego de le Carampane e c’è perfino una Osteria.

Immagini dal web: John Singer Sargent’s The Church of Santa Maria della Salute, Venice (c1904-09). Photograph: Catarina Gomes Ferreira/Calouste Gulbenkian Foundation, Lisbon

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