Un’amica mi ha regalato il ricordo di un cane che ha incontrato dall’altra parte del mondo, a Thaiti, in Polinesia. È un’ombra che corre sfocata sul legno di un pontile, alle spalle c’è l’oceano che lo insegue.  Quel cane sconosciuto e irraggiungibile mi ha ricordato Bauschan, il cane di Thomas Mann.

Amo gli animali e da quando lavoro come ghostwriter, anzi da quando ho iniziato a scrivere, c’è sempre stato un cane vicino a me. Ci siamo fatti e ci facciamo ancora buona compagnia. In omaggio a loro continuo la pubblicazione di una serie di poesie, e forse anche di qualche prosa speciale, in cui “senza distinzione di specie e di razza” sono gli animali gli unici protagonisti. Sarò grata a chiunque mi segnalerà dei testi significativi da aggiungere alla raccolta.

Padrone e cane, scritto da Thomas Mann nel 1918 e pubblicato per la prima volta nell’anno successivo, racconta del rapporto perfetto che lo scrittore stabilì con Bauschan, un meticcio tanto intelligente e irresistibile da riuscire a conquistare, e ispirare, l’autore de La montagna incantata. In Padrone e cane Mann descrive una sorta di idillio con al centro gli animali e la natura e ci regala alcune delle più belle pagine mai dedicate a un cane, alla magica relazione basata su una capacità di comprensione e di intesa che talvolta si realizza tra razze diverse. Un privilegio di cui spesso gode chi vive con un animale nel segno del rispetto e dell’amore.

08 – Da Padrone e cane di Thomas Mann

“… quando mi volto, vedo Bauschan in piena corsa svoltare all’angolo posteriore della casa e precipitarsi su di me quasi intendesse buttarmi a terra. Per la fatica, ritira un po’ il labbro inferiore così da scoprire due o tre dei suoi incisivi, che luccicano d’un bianco splendido al sole mattutino. Viene dalla cuccia che si trova là dietro, sotto l’impiantito della veranda sostenuta da pilastri, e dove forse, fino al bisillabo fischio superanimatore, s’è fatto un breve pisolino mattinale dopo una notte passata tra mille avvenimenti. La cuccia è fornita di tende di stoffa ruvida e ricoperta di paglia, per cui accade che qualche fuscello resti attaccato al pelo di Bauschan, per giunta arruffato un po’ dal giacere, oppure gli si vada addirittura a ficcare tra le unghie delle zampe: uno spettacolo che ogni volta mi ricorda il vecchio conte Moor, visto un tempo, durante una rappresentazione singolarmente realistica, uscire dalla torre della fame con un fuscello di paglia tra due dita calzate dei suoi poveri piedi. Senza volere mi giro di fianco verso l’irruente, in posizione difensiva, perché la sua pseudo-intenzione di passarmi tra i piedi e di farmi cadere ha potenza illusoria infallibile. All’ultimo momento però, e immediatamente prima dell’urto, riesce a frenare e a deviare, cosa che dimostra il suo autocontrollo tanto fisico che psichico; a questo punto, senza abbaiare perché fa uso parsimonioso della sua voce sonora ed espressiva, prende ad eseguire intorno a me una sconvolta danza di saluto composta di saltelli, di smoderato scodinzolio, che non si limita allo strumento espressivo a tal scopo destinato, la coda, ma coinvolge tutta la parte posteriore fino alle costole, inoltre di contrazioni inanellanti del corpo e pure di capriole scattanti e centrifughe cui si aggiungono giri sul proprio asse, esibizioni tutte che lui, però, cosa strana, usa sottrarre ai miei sguardi, eseguendole sempre, dovunque io mi volti, dalla parte opposta alla mia. Tuttavia nell’istante in cui mi chino e tendo la mano, eccolo all’improvviso, con un salto, accanto a me, il corpo premuto al mio stinco, fermo come una statua: si regge appoggiato di traverso, le forti zampe puntate sul terreno, il muso alzato verso di me, così che mi guarda negli occhi alla rovescia e dal basso in alto, e la sua immobilità, mentre gli accarezzo la spalla tra parole buone e a mezza voce, emana attenzione e eccitamento uguali a quelli della frenesia precedente. È un pointer tedesco dal pelo raso, non guardando tale qualificazione troppo per il sottile, bensì intendendola con un pizzico di sale; in quanto un pointer come si deve e secondo le norme più scrupolose, Bauschan non lo è davvero. Come tale è, primo, forse un po’ troppo piccolo e, lo si deve far notare, decisamente un po’ sotto la statura d’un cane da ferma; secondo ha le zampe anteriori non ben diritte, anzi piegate un tantino verso l’esterno, cosa che pure, probabilmente, non corrisponde con molta esattezza al puro sangue ideale. La leggera tendenza alla «giogaia», cioè a quel sacco di pelle aggrinzita della gola, che può conferire un’espressione tanto dignitosa, gli sta alla perfezione; ma pure questa, da parte di un inesorabile allevatore, si contesterebbe come imperfetta perché nei pointer, si dice, la pelle del collo deve tendersi liscia alla gola. Il colore di Bauschan è bellissimo. Il manto, di fondo ruggine, è tigrato di nero. Però vi è mischiato anche molto bianco che predomina decisamente sul petto, sulle zampe e sul ventre, mentre tutto il naso schiacciato pare immerso nel nero. Sulla larga volta cranica e pure sui freschi lobi degli orecchi, il nero forma con il ruggine un disegno vellutato, e la cosa più bella nel suo aspetto è da considerarsi il nodo, ciuffo o ciocca in cui s’attorciglia il pelo bianco al petto e che sporge orizzontale, simile al pungolo di un’antica corazza pettorale.
Del resto può darsi che pure lo sfarzo cromatico un po’ arbitrario del suo manto sia ritenuto «inammissibile» da chi consideri le leggi della specie davanti ai valori della personalità, perché il pointer perfetto deve essere eventualmente ad una tinta o abbellito da chiazze d’altro colore, ma non tigrato. Da un’inquadratura rigidamente schematica di Bauschan dissuade però, nel modo più convincente, una certa peluria penzoloni agli angoli della bocca e nella parte inferiore del muso, che si potrebbe credere, non senza un barlume di ragione, baffi e barbetta e che, presa in considerazione, fa pensare più o meno al tipo del griffone o dello schnauzer. Ma pointer o griffone, che bestia bella e buona è Bauschan in ogni caso, come se ne sta appoggiato rigido al mio ginocchio guardando su verso di me con devozione profondamente raccolta!”

Nell’immagine la statua di Thomas Mann & Bauschan – Gmund, Bayern, Germany

Share: