Jacopo aveva bisogno di tempo.
«Sai che facciamo? Vieni da me e mangiamo qualcosa, così parliamo con calma.»
«Andiamo in un bar qui vicino» aveva proposto invece lui.
«Non posso.» Intanto controllavo le notifiche sul cellulare. Otto, tra tutto.
«Dio santo, perché?»
«Lo sai che a casa ho la pelosa. Ha i suoi bisogni.»
«Che cazzo! Che pizza!»
«Jacopo, non ti permettere!» L’avevo guardato inviperita.
«Scusa.» Aveva tirato indietro il sedile della Smart. «Va bene, andiamo.»
«Ok. Senti, devo passare a ritirare un abito da un’amica. Ci metto un minuto, è di strada.» Mi ero ricordata che dovevo riprendermi il vestito prestato ad Anna un mese prima per una serata importante. Io l’avrei dovuto usare il giovedì dopo, avevo in ballo una cena elegante a casa del narratore per cui stavo scrivendo. Anna e io avevamo la stessa taglia, l’abito era un Dolce&Gabbana che avevo acquistato in un momento di follia, Comunque in saldo, s’intende. Aveva una scollatura profonda sulla schiena ed era verde smeraldo, perfetto per me che sono rossa. In effetti sono convinta che doni più a me che alla mia amica, anche se lei pensa il contrario.
Jacopo non aveva più aperto bocca, ogni tanto fissava il pacchetto di sigarette che aveva in mano e faceva girare l’accendino tra le dita. Ho acceso la radio sul canale della classica, dopo un minuto lui ha spento.
«Siamo arrivati. Faccio in fretta. Quel che devo ritirare è in portineria, la mia amica è partita, quindi…» Ero già fuori dall’auto e stavo per entrare quando da dentro si è aperto il portone. È uscito uno alto e riccio, un bel tipo a dire il vero, mi ha fatto passare e un minuto dopo ero di ritorno con il porta-abito Samsonite che mi scaldava il braccio.
Jacopo era sul marciapiede, l’aria stranita, una sigaretta storta tra le labbra.
«Che c’hai?» ho chiesto.
«Quello che è uscito prima, il tipo che hai incrociato…»
«Allora?»
«Quello lì lo conosco. È lui che ci dava la roba. L’amico del padre di Poppo.» Parlava tenendo premute le mani sulle orecchie, quasi non volesse ascoltare le sue stesse parole.
«Sei sicuro? Magari è…» Io non ero agitata, non mi ero resa conto di quel che stava dicendo.
«No, non mi sbaglio. È Picone.»
«Picone? Ma è il vicino di casa di Anna?» Avevo cominciato a ridere come una scema. L’effetto della tensione.
Jacopo aveva buttato il mozzicone e mi aveva afferrato per un braccio. «Guarda, sta uscendo dal parcheggio. Salta in macchina che lo seguiamo.»
Avevo fatto in tempo a vedere l’Audi blu che svoltava l’angolo. E noi dietro. Avevamo fatto il percorso inverso a quello di prima. Infatti, Picone era tornato al paese di Jacopo e aveva parcheggiato nei pressi del supermercato, nell’area di scarico dei camion. Qui aveva incontrato il padre di Poppo e si erano messi a litigare. Jacopo era riuscita a scattare un po’ di foto con il cellulare.
Io stavo lì con un pensiero fisso in testa. Di sicura a casa la pelosa non aveva retto. Ero quasi certa che per pisciare avesse scelto il tappeto all’ingresso, quello nuovo.

 

Le puntate precedenti:
Luce tra le rovine
La lettrice notturna
Una serata così
Sotto stretta sorveglianza
La Violante
Ti regalo un libro
Jacopo ha letto il libro
Volevo parlare con te
Mica sono un tipo pericoloso
Il tempo a disposizione sta per scadere
Proprio da me doveva venire?
Le nove e venti, lui è ancora qui
Un banale incidente
Adesso cosa devo fare?
Siamo rimasti a parlare chiusi nella Smart

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