Di recente Il Post ha pubblicato un bellissimo video di Ben Watts che descrive in modo magistrale la tensione dello scrittore che si trova a brancolare davanti al foglio bianco in cerca del giusto attacco, seguito dal momento in cui arriva l’ispirazione e comincia a riempire le pagine con foga. Per fortuna non soffro spesso del blocco dello scrittore ed è raro per me faticare nel trovare l’idea giusta su come iniziare o proseguire la storia. Sono convinta che sia una condizione di vantaggio che deriva dal lungo lavoro preparatorio che faccio prima di iniziare a scrivere le mie storie. I miei problemi sono di diversa natura. Come ghost writer di solito mi ispiro a vicende reali, a volte molto crude. Ci sono episodi, situazioni, che mi mettono a disagio. Il mio narratore racconta con fatica i fatti, ricorda le sue emozioni e cerca di trasferirmele. Io ricevo il racconto, faccio domande, immagino la scena e aggiungo la mia fantasia. Dettagli: un’espressione, il caldo o il freddo, l’angoscia, un dolore fisico forte… quel che serve alla storia, in relazione allo specifico caso. Alla fine, mi capita spesso d’essere nella storia con il mio narratore. A volte ci sono dentro più di lui che, raccontando, passa oltre il ricordo.
Rammento un episodio di cui posso dire perché fa riferimento a un libro pubblicato, Tessa e basta, di cui sono coautrice con Tessa Krevic. Più o meno a metà del libro c’è una scena molto violenta. Tessa mi aveva descritto i fatti in modo conciso, intenso e sofferto. Avevo capito che non voleva soffermarsi su quell’episodio che le portava ancora tanto dolore. Ho provato a farle qualche domanda, poi ho lasciato perdere. Però era una scena importante, meritava lo spazio che le era dovuto. Ho convissuto per giorni con quell’episodio sempre nella testa, ma non arrivava mai il momento di trasferirlo alla carta. Per distrarmi ho scritto altro, ma quel racconto, quei fatti erano un mal di pancia.
Di solito scrivo di pomeriggio e soprattutto durante la notte. Al contrario una mattina ho deciso che non poteva più rimandare. Avrei fatto un’eccezione, iniziando subito a scrivere. Così ho fatto. Fuori era una bella giornata, c’era il sole, mi sono immersa nel buio della storia. Ho chiuso il capitolo con un senso di nausea. Provavo orrore per ciò che avevo scritto, ancor più perché faceva riferimento a un fatto vero.
Immagine in alto presa dal web Jack Nicholson in Shining.

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