Ne hanno parlato tutti i media, e del resto la notizia è clamorosa: la Società italiana di gerontologia e geriatria si è riunita a congresso e ha decretato che da ora in poi noi italiani saremo ufficialmente “anziani” dai 75 anni in su.  Secondo quanto dichiarato da Niccolò Marchionni, professore ordinario dell’Università di Firenze: “Un 65enne di oggi ha la forma fisica e cognitiva di un 40-45enne di 30 anni fa. E un 75enne quella di un individuo che aveva 55 anni nel 1980”. Lo spostamento in avanti della valutazione dell’età “anziana” è indotto dall’aspettativa di vita nei Paesi definiti come ad Avanzato sviluppo, cui apparteniamo: da noi le donne muoiono in media a 85 anni e gli uomini a 82-83. Evviva!

Sempre il Marchionni sostiene che “una persona che ha 65 anni ai giorni nostri non si riesce proprio più a percepirla come ‘anziana’”.

Balle! Sono tutte storie e lo dico con cognizione di causa visto che ho appena superato la soglia dei sessanta e frequento, e osservo, persone di tutte le età. Al giro di boa di ogni “anta” si verificano dei cambiamenti. Sulla base della mia esperienza, compiere i sessanta è come trovarsi seduti in cima allo scivolo: stai un po’ lì e ti guardi intorno mentre decidi quando prendere lo slancio per lasciarti scivolare. Mentre vai giù devi cercare di guidare la discesa con grazia, rallentando sulle curve per guardare il panorama; se precipiti di botto, rischi di atterrare malamente. Questo per dire che bisogna accettare i cambiamenti che si verificano oltre una certa età senza drammi, adattandosi e ridendoci sopra. Tuttavia riconosco che se trent’anni fa una persona di quarant’anni aveva la stessa forma di uno di sessantacinque di oggi, davvero aveva poco da ridere.

Ognuno faccia come si sente, non è mai giusto generalizzare, del resto conosco dei quantantenni che confronto a me sono dei vecchi, ma accidenti, non prendiamoci in giro! Gli anni che passano si sentono, eccome, e ci sono alcune cose che non riesco più a fare come una volta. Per esempio, io faccio poco movimento, di media solo una passeggiata ogni giorno con Tina, la mia SimilJackRussell, sulle quattro che fa lei. Sto troppo al computer e questo non fa bene, ma scrivere libri esige di avere sempre altri libri da leggere e carta e penne su una scrivania, non c’è scelta; per compensare, quando mi capita di trovarmi a dover salire una scala, parto sempre di corsa. Confesso che negli ultimi mesi la cosa ha iniziato a pesarmi: adesso supero le rampe della metropolitana facendomi venire il fiatone, con la sensazione di avere le gambe come piombo una volta arrivata in cima. Di recente mi sono messa alla prova su una scalinata ben più impegnativa e lì ho rischiato il dramma, infatti arrivata al piano con il cuore in gola, ho scoperto di dovermi fermare. Ci ho messo qualche minuto per riprendermi e mi sono sentita, seppure ancora a qualche passo dai sessantacinque, prigioniera della mia età.

Sto anche meditando di lasciar perdere l’idea di fare agility con Tina, lei corre troppo veloce, è una scheggia, e io per starle dietro rischio l’infarto. Dovrei andare in palestra per rimettermi in forma, ma l’attività fisica organizzata è un genere che non mi appartiene, mi annoia.

E comunque cosa c’è di male nel notare i segni dell’età che avanza finché la testa funziona a dovere? Senza contare che l’esperienza accumulata e anche quel poco sapere che sono riuscita a mettere in cascina,  mi permettono di osservare la realtà adottando una prospettiva che la gioventù non concede. Insomma, alla fine niente è eterno e comincio ad avere il sospetto che la vecchiaia sia la parte più interessante della vita. Nell’attesa di scoprire quel che magari potrebbe esserci più in là.

Immagine dal web di Quint Buchholz

 

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