Scrivere un libro è un lavoro artigianale che richiede alcuni passaggi cui uno scrittore professionista non deve mai sottrarsi: l’editing e la correzione delle bozze.

Così come la collaborazione con un buon editor contribuisce a migliorare il contenuto dell’opera, il ricorso al correttore di bozze consente di dare l’ultima ripulita al testo, quella di fino in cui si eliminano refusi, errori ortografici, di battitura e si controlla il rispetto delle regole redazionali di base. L’opera del correttore è indispensabile per uniformare la veste redazionale poiché è l’ultima verifica cui viene sottoposto il testo prima di essere impaginato.

Negli ultimi anni diversi editori hanno rinunciato ad avvalersi del contributo del correttore di bozze, per non dire di quelli che saltano perfino l’editing. Lo si evince senza alcun dubbio quando capitano tra le mani libri pieni di refusi, dove magari le parole straniere sono riportate con una grafia inesatta e, se ci sono delle cifre, sono indicate in modo casuale in lettere, o in numeri, e questi solo solo pochi esempi. Il lettore è costretto a digerire un testo gestito con sciatteria e il contenuto, anche se valido, non ne guadagna.

Per risparmiare, perché i conti non tornano più e per la faciloneria con cui tanti, sbagliando, pensano che i correttori ortografici siano la panacea per tutti gli orrori autoriali e che la qualità sia un optional, oggi la professione del correttore di bozze non gode di grande popolarità. Del resto è un lavoro che offre scarsi guadagni e richiede molte competenze. Quali? Per spiegarvelo vi propongo alcune citazioni.

Da Il correttore di bozze di Francesco Recami

Tutti sanno leggere un libro, ma quanti sanno le regole per scriverlo? il correttore […] deve sapere a perfezione l’Italiano, le regole grammaticali, le grafie corrette, le parole straniere, la costruzione del periodo, la sintassi, la grammatica, la consecutio, anche se questo non gli viene minimamente riconosciuto. Ma in più, deve consocere la storia, le biografie, i toponimi, le date. Chi altri controllerà che tutto ciò che è riportato in un rigo sia esatto, e se non esatto affidabile, e se non affidabile, corrispondente alle intenzioni e al testo dell’Autore?
Un buon correttore dovrebbe sapere il latino, e anche un po’ di greco. Ma anche di scienza, padroneggiare almeno i lessici.

Tanto tempo prima, quando fare un libro era una cosa seria, gli avevano insegnato che certe volte, alla ricerca di un refuso, si poteva leggere un testo alla rovescia, parola per parola, in modo da essere sicuri di non capire e di non farsi trasportare dalla lettura del testo. […] La maggior parte sono o è? Si dice gli effetti paradosso o gli effetti paradossi? Si scrive percento o %? E il pallino° di gradi va attaccato o staccato dalla cifra? E quand’è che un rigo in testa si può considerare una vedova? E quand’è che un rigo al piede si può considerare un orfano? E perché si scrive qual è e non qual’è? […] Il correttore sapeva che l’attenzione a queste cose era molto diminuita nel corso degli anni. E al tempo stesso era diminuito il prestigio sociale di chi faceva quel mestiere.”

Da La donna elefante. Elogio del correttore di bozze di Giovannino Guareschi

Il correttore di bozze non si divide: è quello che è, ma ciò non semplifica le cose. Il correttore di bozze fu inventato verso il 1440: quando, cioè, il signor Gutenberg, inventa la stampa propriamente detta e tirata una bozza della sua prima composizione tipografica, trovò, nella seconda riga, una signora elefante al posto di una signora elegante. Allora il signor Gutenberg lanciò un grido di trionfo: aveva inventato l’ errore di stampa. Poi, letta attentamente tutta la bozza segnò a penna 25 dei 57 errori disseminati nel foglio, infine imprecò duramente contro il socio Fust che, poveretto, non ne aveva la minima colpa. Così, ad un tempo, inventò anche il correttore di bozze e il proto”.

 

Immagine dal web

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