La mia relazione con i Social è nata molti anni fa perché la novità mi intrigava, ero curiosa di scoprire cosa fossero e, in seguito, ne ho seguito l’evoluzione. All’inizio li ho praticati da osservatrice silenziosa per comprenderne i modi di impiego e l’utilità, poi ho iniziato a interagire su Facebook, in seguito anche su Linkedin, Twitter, Google Plus, Instagram, per necessità legate al mio lavoro di scrittore fantasma. Ho fatto alcune buone conoscenze, qualche scoperta interessante, mi sono entusiasmata, poi negli ultimi anni ho osservato l’ingrossarsi dell’onda di marciume che invadeva la Rete. Considerata la direzione che ha preso il mondo, era un processo inevitabile.
Oggi continuo a bazzicare i Social, ma con un passo diverso, tenendo la distanza. Cerco di usarli senza farmi usare e impegno parecchio tempo a verificare le mie fonti di informazione, visto che molte delle notizie che trovo nel Web sono false, manipolate, inaffidabili e sono gestite allo scopo di condizionare la nostra capacità di pensare in modo critico, i nostri comportamenti, la nostra libertà personale e perfino la democrazia, dilatando a dismisura il distacco tra la realtà reale e quella percepita.

Quel che sostengo non è solo una mia opinione. Le prove oggettive di ciò che ho rilevato ci sono, esistono, per conoscerle occorre avere la voglia di informarsi andando oltre ciò che ogni giorno ci viene sbattuto sotto gli occhi, o nelle orecchie, per stordirci.

Per esempio, per comprendere quanto i Social siano pericolosi, manipolabili e manipolatori, consiglio di seguire lo speech di Carole Cadwalladr, la giornalista dell’Observer che ha portato allo scoperto lo scandalo di Cambridge Analityca, con cui ha partecipato al TED di Vancouver dello scorso aprile. Il suo intervento è stato tradotto in italiano da AGI_Estero, di seguito riporto l’incipit, il testo integrale lo potete leggere qui: “Parola per parola, il formidabile discorso della giornalista che ha inchiodato Facebook, a cura di Riccardo Luna.

“Il giorno dopo il voto sulla Brexit, quando la Gran Bretagna si è svegliata con lo choc di scoprire che stavamo davvero lasciando l’Unione Europea, il mio direttore al quotidiano Observer, mi ha chiesto di tornare nel Galles meridionale, dove sono cresciuta, e scrivere un reportage. E così sono arrivata in una città chiamata Ebbw Vale.

Eccola (mostra la cartina geografica). È nelle valli del Galles meridionale, che è un posto abbastanza speciale. Aveva questa sorta di cultura di classe operaia benestante, ed è celebre per i cori di voci maschili gallesi, il rugby e il carbone. Ma quando ero adolescente, le miniere di carbone e le fabbriche di acciaio chiusero, e l’intera area ne è rimasta devastata. Ci sono tornata perché al referendum della Brexit era stata una delle circoscrizioni elettorali con la più alta percentuale di voti per il “Leave”. Sessantadue per cento delle persone qui hanno votato per lasciare l’Unione Europea. E io volevo capire perché.

Quando sono arrivata sono rimasta subito sorpresa perché l’ultima volta che era stata ad Ebbw Vale era così (mostra la foto di una fabbrica chiusa). E ora è così. (mostra altre foto). Questo è un nuovissimo college da 33 milioni di sterline che è stato in gran parte finanziato dall’Unione Europea. E questo nuovo centro sportivo fa parte di un progetto di rigenerazione urbana da 350 milioni di sterline, finanziato dall’Unione Europea. E poi c’è questo tratto stradale da 77 milioni di sterline, e una nuova linea ferroviaria e una nuova stazione, tutti progetti finanziati dall’Unione Europea. E non è che la cosa sia segreta. Perché ci sono grossi cartelli ovunque a ricordare gli investimenti della UE in Galles […] “.

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