Confinata in casa, ho combattuto per alcune settimane con la sensazione di avere la mente appannata al punto da produrre pensieri che, per una ottimista creativa come me, non esito a definire malati. Ora, con la dovuta prudenza, mi azzardo a dire che ho digerito un’idea che mi pareva inaccettabile: il Covid-19 è parte del nostro mondo. Insomma, me ne sono fatta una ragione e così riesco ad andare avanti nel presente e a guardare al futuro con realismo e senso di responsabilità, senza dimenticare quello che c’è dietro le spalle.

Finalmente giro pagina, e per me che faccio la scrittrice di professione non è solo un modo di dire.
Finito di scrivere un libro, inizio a lavorare a un nuovo romanzo aprendo l’ennesimo file sul computer che salverò con un titolo provvisorio in una nuova cartella.

In questo momento sono nella fase appena precedente l’apertura del file di word che ho citato, infatti sto elaborando su carta la bozza di progetto dettagliata per il nuovo libro ancora tutto da scrivere, di cui ho già definito temi e contenuti. È una parte del lavoro che risolvo scrivendo a mano con una biro blu e una rossa; uso fogli A4 di riciclo, avanzi di vecchie stampate su un solo lato. Scrivo, riscrivo, inserisco frecce, sottolineo e disegno cerchi, strappo, butto e poi ricomincio. Di fianco a me tengo un po’ di schede che uso per tratteggiare i caratteri dei personaggi principali di cui indico un corposo elenco di caratteristiche: lo stato civile, le preferenze sessuali, il credo politico e religioso, quando c’è; i vizi, le passioni e le idiosincrasie, cosa tengono nell’armadio, che musica ascoltano e tanto altro. Scrivo a matita, correggo, aggiorno, implemento. È raro che rifaccia da capo una scheda mentre è frequente che ne utilizzi di vecchie resuscitando qualche carattere che ha già abitato in altri libri cui ho lavorato in passato. Del resto certi tipi te li ritrovi sempre tra i piedi anche nella vita, magari appena un po’ invecchiati.

Il romanzo che sto preparando è ispirato a una storia vera; i personaggi sono parecchi, la trama è complicata e non ho ancora deciso come incastrare la sequenza degli accadimenti, tuttavia so che devo fare in modo che il lettore non rischi di restare disorientato.

Perché? Per rendergli più facile l’esperienza di lettura.
Perché? Il lettore è un animale intelligente anche se talvolta è pigro, o magari distratto.

Forse potrei alzare la posta e chiedergli di sforzarsi per entrare in una narrazione complessa e insolita. Del resto compie già una fatica simile nel ruolo di spettatore di certe serie televisive basate su una trama ingarbugliata ad arte proprio per creare uno spaesamento che ipnotizza chi guarda. In certi casi non è facile avere una comprensione chiara della storia fino al suo scioglimento e certe volte neppure alla fine è scontato trovare una soluzione, ma riguardo a film e serie Tv si possono avere degli aiuti pescando informazioni aggiunte nella rete. Lo spettatore può barare.

Un libro è un’altra cosa, leggere romanzi ci cambia in meglio. Per interpretare una trama molto complessa ciascuno di noi può fare ricorso a quel magnifico dispositivo incorporato che è il cervello; è un esercizio che i lettori abituali fanno di continuo, una specie di pilates della mente che tiene vivi e in forma. Gli altri, i lettori occasionali che prendono in mano un libro una volta per caso, se non per sbaglio, leggendo potrebbero fare delle scoperte positive su se stessi mentre quelli che invece faticano a seguire il filo della storia, o magari stentano a concentrarsi, dovrebbero fare una riflessione soprattutto adesso, al tempo del Covid-19. Infatti, privati delle ore di palestra cui parecchi sono avvezzi per avere un corpo bello da esibire, costretti a lasciare appeso all’ingresso il corpo fisico, di questi tempi quasi un ingombro intraducibile nell’ennesimo selfie, potrebbero adattarsi a un nuovo corso.

Ora vale la pena mostrare che si sa usare la testa, comporre pensieri, riflessioni, approfondire saperi.
Forse si sta aprendo un nuovo mondo, dico nuovo e non migliore.

Dobbiamo cambiare, migliorare, vale per chiunque in qualsiasi campo. Per cominciare a ragionare di qualcosa che un po’ conosco, penso che la scrittura in generale, a qualsiasi genere riferita e soprattutto quella d’intrattenimento, andrebbe ridefinita nel segno di una maggiore cura. Noi che di mestiere facciamo gli scrittori dovremmo fare un esame di coscienza e magari decidere di lavorare dandoci un obiettivo più alto, invece di limitarci a compiacere le esigenze del lettore. Ci costerà un gran fatica, ma è una magnifica sfida. Del resto ogni giorno sperimentiamo cose nuove e allora allarghiamo il banco di prova anche ai libri, alla letteratura, e proviamo ad applicare soluzioni differenti cui forse in passato abbiamo rinunciato magari per pigrizia, o imperizia, o perché il lettore altrimenti avrebbe fatto troppa fatica a entrare nella storia e rischiavamo di perderlo per strada. Impariamo a osare, a migliorare la nostra scrittura facendo attenzione a non essere fumosi, ridondanti o banali, dosando l’originalità in modo da non penalizzare la comprensibilità del linguaggio. Divertiamoci a complicare le trama, sovrapponiamo i piani narrativi, infiliamo quel tocco di surreale che lascia sospeso in una bolla chi legge e seminiamo le pagine con indizi non sempre di facile comprensione, qualche volta abbandoniamo l’ossessione del rispetto delle regole. Se saremo bravi il lettore allenato forse apprezzerà sia lo sforzo sia il risultato mentre gli altri… Se non capiscono tutto alla prima lettura potranno sempre fare replay.

Oddio, scusate! Ho di nuovo divagato con uno sproloquio “ad alta voce”, forse ispirata da qualche scheletro nell’armadio che mi trascino dietro da tempo immemore. Del resto io divido i panni con quelli del fantasma che è in me. Capitemi, non è facile! 😉👻🤣

Ogni difficoltà su cui si sorvola diventa un fantasma
che turberà i nostri sonni. (Frédéric Chopin)

Image by Angel Hernandez from Pixabay

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