Prendo spunto da un articolo uscito su Linkiesta che mi ha riportato a L’arte dell’ascolto di Erich Fromm, in cui si parla di una forma di ascolto attiva e partecipata che conosco bene. Tra le altre cose Fromm dice: “L’ascolto non è un affare “meccanico, parola utilizzata per tutto ciò che non ha vita, ma si avvicina, al contrario, all’arte. È cosa viva: ascoltare e comprendere l’anima di un uomo è come leggere una poesia. Non un’analisi del testo, certo. Ma dello spirito.”

Nel mio lavoro di ghostwriter la capacità di ascolto è fondamentale. Se lo scrittore fantasma non la esercita del modo dovuto, difficilmente potrà scrivere un libro cha colga nel segno, soprattutto se autobiografico, insieme al suo narratore, la persona che possiede la storia da raccontare. Per quanto mi riguarda, la capacità di ascolto che esercito nei confronti del narratore è uno degli strumenti più efficaci di cui dispongo per sviluppare l’empatia necessaria all’interno di un rapporto di collaborazione di questo tipo. Attenzione però, l’ascolto non può essere esercitato solo in modo professionale, oltre la testa occorre metterci anche il cuore e concentrarsi sul narratore, su cosa racconta con le parole, con i gesti e con lo sguardo.

Al mio narratore dico: sono qui per ascoltare la tua voce partecipando alla tua fatica nel riattraversare ricordi difficili, rispettando il tuo dolore, sorridendo e ridendo con te, condividendo i silenzi che pesano più delle parole. Solo attraverso questo processo sarà possibile rendere viva e coinvolgente la tua storia tradotta nelle pagine di un libro.

Erich Fromm dà alcune regole da applicare all’arte dell’ascolto. Una di queste, che io condivido pienamente, dice che:

“Chi ascolta deve avere il dono
di provare empatia con le altre persone.
Ma anche quello della forza di sentire
l’esperienza altrui come se fosse sua”
.

Immagine dal web: Giorgio De Chirico_Ettore e Andromaca

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