Torna per il sesto anno l’appuntamento a Milano con l’appena conclusosi Trento Film Festival 2015. Un gemellaggio che ha portato anche quest’anno, sul fronte del cinema per ragazzi, alla presentazione, durante la 63esima…
Un altro frammento di viaggio che non è stato utilizzato all’interno de La regola dell’eccesso. Questa volta Renato Tormenta è sul Machu Picchu e aveva da poco lasciato gli amici che avevano deciso deciso di proseguire…
Cos’è la non fiction? Forse tutto ciò che non rientra nella definizione di romanzo fino a intendere anche ciò che è privo di trama? Andrea Bolzonella osserva come in tale definizione rientrino una quantità di opere differenti tra loro e di genere molto diverso – vedi http://www.sulromanzo.it/blog/che-cos-e-la-non-fiction di cui consiglio la lettura. L’articolo si conclude con un invito, infatti, Bolzonella suggerisce: “chiedetevi cosa vi trasmette la parola non-fiction, che idea ne avete; chiedetevi se il confine tra finzione letteraria e realtà oggettiva è chiaro e definito; domandatevi cosa rappresentano per voi concetti come “trama”, “personaggi”, “storia vera”. I libri che scrivo narrano le storie vere di altri e rientrano di diritto nel genere non fiction. Per me, che in qualità di ghost writer li condivido con i miei narratori, ovvero con le persone che mi raccontano le storie che scrivo, sono sempre frutto di grande emozione, l’occasione di imparare cose nuove, di acquisire amicizie inaspettate e preziose. Il modo per entrare in mondi diversi dal mio attraverso percorsi che allargano i miei orizzonti. Le storie vere e straordinarie di persone comuni, uomini e donne in cui possiamo riconoscerci, si snodano sul filo di trame che a volte rischiano di parere perfino inverosimili eppure sono autentiche come autentici sono i personaggi, pieni di limiti e ambiguità, talvolta negativi, magari antipatici, turbolenti così come li percepisco nel modo in cui mi rendono partecipe della loro storia. Qual è il limite tra finzione letteraria e realtà oggettiva? Per me esattamente quello indicato da Gabriel Garcia Marquez: “La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda per raccontarla”.
Renato Tormenta ha viaggiato moltissimo fin da quando aveva diciotto anni. Lo scoprire posti e culture diverse è sempre stata una delle sue grandi passioni. Nel libro che racconta la sua storia non abbiamo raccolto….
Ho letto il post di Federica Aceto – https://federicaaceto.wordpress.com/2015/05/08/traduttori-anonimi/ – che affronta molti temi interessanti legati al mondo dell’editoria, riassumibili in tre hashtag che, cito l’autrice, sono utili per capire “certi meccanismi fallimentari dell’editoria di oggi: #iononleggoperché, #iononpagoperché e #iolavoroperduesoldiperché”. L’articolo merita di essere letto con attenzione e mi trova d’accordo su tutti i punti. Tra l’altro suggerisce un attento ascolto dei motivi per cui i non lettori sono tali. Può darsi che a qualcuno non piaccia leggere e basta; in questo caso i lettori e gli scrittori non devono sentenziare. Leggere non può essere un obbligo. I lettori occasionali, magari anche svogliati, forse hanno bisogno di essere stimolati con nuove proposte. Nello stesso post Federica Aceto dice: “i non lettori spesso hanno storie interessantissime da raccontare. I libri più belli spesso parlano di non lettori e sono stati scritti da gente che ha avuto la capacità e l’umiltà di ascoltarli e di non prenderli per il culo”. Interpreto il suo pensiero dal mio punto di vista, quello del ghost writer cui vengono sottoposte storie vere da trasformare in autobiografie, narrazioni in cui i lettori possono riconoscersi e appassionarsi, arrivando senza sforzo alla fatidica ultima pagina. Le biografie di persone comuni, anche quando raccontano di vite straordinarie non riscuotono alcun interesse da parte degli editori che, invece, pubblicano volentieri le storie di vita del calciatore di turno, della soubrette, per ovvie ragioni mercantili. Invece, questo tipo di memoir, se scritto in modo “onesto e coinvolgente” (per usare le parole di un lettore che ha recensito un libro di cui sono coautrice), può trovare la propria collocazione grazie al self-publishing, e incontrare così i suoi lettori. Sarebbe bello che riuscisse ad attirare un po’ di curiosità anche tra gli addetti ai lavori che ancora guardano con pregiudizio tutto ciò che viene auto-pubblicato, dando per scontato che non sia professionale. Tutto evolve, occorre prenderne atto e provare a dare spazio a libri potenzialmente “amici” anche di chi con la lettura ha, per il momento, poca dimestichezza. In futuro, chissà!
8 maggio 2015
Difficile decifrare il genere letterario cui appartiene Mistero Napoletano, giocato com’è tra il romanzo, il diario, il saggio. Il libro, edito da Feltrinelli, mescola realtà e invenzione letteraria per ripercorrere la storia di Francesca Spada, giornalista de l’Unità, e sciogliere un mistero.
“La domanda alla quale mi sento chiamato a rispondere è una sola: perché si uccise Francesca? Una scorciatoia potrebbe essere la seguente: si uccise perché, come un pesce in un acquario stagnante, sentì venirle meno via l’ossigeno. L’acquario ovviamente è la metafora dietro la quale si nasconde la città, Napoli, la metropoli cupa e melmosa degli anni Quaranta e Cinquanta. Francesca si uccise a Pasqua del 1961”. In occasione della sua uscita, nel ’95, il testo suscitò non poche discussioni all’interno della sinistra poiché, nell’ambito della narrazione, tornava a riproporre le posizioni dei periodi precedenti la svolta della Bolognina, l’avvento del Pds e l’Ulivo. Inoltre nel libro l’autore mette in risalto i limiti e gli errori commessi a Napoli dal partito, incapace di andare oltre la cieca fedeltà alle origini dentro una città deliberatamente abbandonata nelle mani della potenza USA. Mistero napoletano è un affresco tanto significativo quanto inquietante di un pezzo di storia che racconta molto di noi italiani.
Il lavoro, i soldi, i viaggi, il sesso, la coca.
Queste erano le cose che contavano.
Non necessariamente in quest’ordine.
A quindici anni Renato contrabbanda sigarette sul mare di Napoli, a diciotto percorre l’Atlantico sulle navi cargo, a venticinque precipita con un ultraleggero in un’afosa domenica di luglio. Sopravvive, ma l’anima è incrinata. Fa una montagna di quattrini e si cura con cocaina, eroina e rhum. Quando le “medicine” non funzionano, scappa.
Renato Tormenta, campano, è viaggiatore e narratore. Questo libro è nato dalle esperienze di una vita segnata dalla eccessi.
Susanna De Ciechi è giornalista e ghost writer e vive e lavora a Milano. Ha al suo attivo autobiografie, biografie e memoir.
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