In un fine settimana molto arcobaleno, mi sono lanciata in un cielo sempre più blu.
Chissà come commenterà la cosa Renato Tormenta, lui che ha avuto la sventura di precipitare con un ultraleggero e la fortuna di cavarsela. La curiosità per il volo mi è venuta scrivendo La regola dell’eccesso, nel libro il volo finito male di Renato ha una parte importante. Da ghost writer un po’ invasata, per calarmi nella parte mi ero spinta a provare l’emozione di un volo simulato in elicottero e avevo rischiato di abbattere il Pirellone, anche se per finta. In seguito, durante le passeggiate in montagna, ho cominciato a immaginare quali sensazioni poteva dare lo stare appesi alle vele colorate che solcavano il cielo. Infine ho deciso di provare il parapendio.
Non è stato facile, ho dovuto vincere la paura, mettere da parte il mio proverbiale senso pratico, abbandonarmi a un sentimento di ineluttabilità che non sapevo mi appartenesse. Alla fine volare è stato liberatorio e ho scoperto cose di me che non conoscevo.
Il primo volo da sola è stato indimenticabile. Mi sono preparata al decollo coprendomi bene perché lassù fa freddo. Indossata la selletta ho verificato con Vanni, il mio istruttore la chiusura dei moschettoni. Tutto a posto, il vento mi soffiava contro, perfetto. Un saluto a Vanni, poi sono scattata in una breve corsa e subito la vela ha iniziato a gonfiarsi veloce, si è riempita d’aria e via, un salto nel vuoto ed ero libera nel cielo alla ricerca delle termiche che mi avrebbero tenuto in quota. Non avevo un programma, una meta, volevo solo stare lì nell’azzurro, liberarmi da ogni pressione, godere per un po’ di quel momento fantastico, staccata da terra. Cercavo di recuperavo quel senso di estraneità dal mondo di cui avevo bisogno e che il volo può dare. Volare, non pensare, sola con me stessa nell’aria, senza peso e senza angosce. Ho capito fino in fondo la passione di Renato.

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