Forse nel 2017 il nome di Grazia Cherchi potrà risultare sconosciuto ai più giovani; la Cherchi è stata una intellettuale che ha rappresentato una figura fondamentale nell’editoria italiana, quella dell’editor, in un periodo in cui quel mondo era cosa ben diversa da quello che è diventato oggi. La Cherchi è morta nel 1995 e io ho appena disseppellito dalla libreria un libro che avevo dimenticato di possedere: Scompartimento per lettori e taciturni, pubblicato nel ’97 da Feltrinelli nei Tascabili. Il testo è ingiallito e un po’ malconcio, segno che a suo tempo ne ho fatto buon uso, e raccoglie una serie di articoli, ritratti, interviste che nell’insieme offrono un’idea dell’attività di questa grande donna. Ho iniziato a rileggere qualche pagina a caso; molte riportano alla nostra attualità nonostante siano passati decenni da quando sono state scritte. Penso che possa essere interessante riscoprire il pensiero della Cherchi e magari anche commentarla insieme, per questo inizio a proporvi poche righe di un suo articolo uscito su Panorama nel dicembre del 1985. C’è molto da riflettere.

ghost writerDa Visto non si stampi_Panorama_dic.1985
Da qualche lustro, e non per hobby, leggo dattiloscritti di narrativa italiana. Dico subito che il mestiere di lettore implica, oltre a una certa propensione al masochismo, anche il carico di una notevole responsabilità morale: forse anche per questo è tra i peggio pagati d’Italia. Chi manda questi dattiloscritti? Un po’ tutti. Infatti, com’è noto, tutti credono di saper scrivere un romanzo. Carta e penna sono di uso generale e, così si crede, la lingua italiana, il cui vocabolaria fra l’altro va sempre più comodamente riducendosi. Quindi il tassista come il cardiologo, il commercialista come il portiere prima o poi un romanzo rischiano di scriverlo. Di qui il flusso ininterrotto di narratori che si abbatte  su case editrici e riviste letterarie. L’unica modesta proposta che ho avuto occasione di fare per arginare l’ondata è il razionamento della carta: tot carta pro capite, e deve bastare per tutta la vita. Per di più oggi, a causa dello “scrittore star” (fotografato, intervistato, televisionato) il settore qui da noi è in espansione. Dura infatta già da un bel po’ lo show degli scrittori quarantenni nostrani, e pare inarrestabile la loro promozione anche a giornalisti-costumisti su quotidiani e settimanali. Cosicché l’Italia che scrive invia dattiloscritti e insieme la tacita invocazione: aiutate anche me ad emergere! Il fatto che rende il tutto vagamente grottesco è che non esista quasi pubblico neanche per gli autori italiani con anzianità di scrittura (così come non è mai esistito, nonostante il baccano sulle piazze, un pubblico della poesia), figuriamoci per le opere prime…

Immagine dal web.

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