Per ricordare che sono trascorsi due anni dalla scomparsa di Giulio Regeni, o meglio dal ritrovamento del suo corpo, lo scorso 3 febbraio la Fondazione Giangiacomo Feltrinelli ha invitato Alessandro Portelli, uno dei padri fondatori della oral history in Italia, a raccontare come le fonti per la ricerca storica non convenzionali possano aiutarci a comprendere il senso civile di un mestiere fatto di interviste, ascolto di voci non ufficiali e raccolta di testimonianze, molte delle quali realizzate contro il volere delle autorità. La lectio magistralis “Parole come pietre” ha raccolto un pubblico foltissimo e attento cui Portelli ha spiegato il concetto di racconto orale inteso come metodo per dare voce a chi non ne ha, ma anche per “fare la storia della realtà andando a cercare le fonti interne che le classi (sociali) stesse producono“. Raccogliendo storie in Italia e negli USA, Portelli ha scoperto che la memoria culturale è più complicata e densa di come la pensiamo e spesso è anche piena di inesattezze. Allora è lecito usare le fonti orali come qualsiasi fonte utile a riempire i vuoti della storia? Sì, perché la narrazione orale è comunque un modo di fare storia e del resto dobbiamo riflettere anche sull’attendibilità delle fonti d’archivio. Siamo sicuri che siano sempre corrette? In che misura? E dunque Portelli invita a riflettere prima di non credere a qualcosa. La memoria non è un deposito d’informazioni che può danneggiarsi nel tempo e ricordare, riportare dei fatti al cuore e alla mente, è un atto che contiene ragione ed emozioni. La memoria  dell’esperienza trasformata in racconto trasfigura la dimensione dell’attendibilità e in questo sta lo scarto tra i fatti accaduti e il loro ricordo, poi la differenza tra chi narra e chi ascolta genera il senso della narrazione attraverso lo scambio. Proprio il lavoro sul campo costituisce l’eredità degli oralisti italiani assimilata da Giulio Regeni: “il giovane ricercatore durante il suo progetto di ricerca in Egitto dedicato alle forme sindacali, ne ha compreso l’insostituibile valore dando voce agli ultimi, ai non ascoltati perché il loro vissuto diverge dalla narrazione diffusa dal potere costituito, sia delle democrazie rappresentative, sia, e ancor più, dei contesti dove la democrazia non riesce a insediarsi“.

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