Oggi non si parla più di droga, la dipendenza è uscita dai temi di moda nei dibattiti, tuttavia il problema si è addirittura ampliato. Il libro di Renato Tormenta, un uomo che ha attraversato l’inferno delle dipendenze, dalla cocaina, all’eroina, all’alcol, ci insegna a guardare ai termini del problema con uno sguardo diverso rispetto al passato e senza alcun pregiudizio.
Il titolo è già sostanza. La regola dell’eccesso racconta di una vita singolare, piena di avventure e per alcuni aspetti molto fortunata, ma mostra anche la dissipazione di un’esistenza sprecata nella schiavitù delle dipendenze, scelte sbagliate da cui è difficile tornare indietro.
Riguardo la droga resta illuminante l’intuizione di Pasolini che in Lettere luterane (Einaudi, Torino 1976), identificava così le radici del problema: “Per quanto riguarda la mia personale, e assai scarsa esperienza, ciò che mi par di sapere intorno al fenomeno della droga, è il seguente dato di fatto: la droga è sempre un surrogato. E precisamente un surrogato della cultura. Detta così la cosa è certo troppo lineare, semplice e anche generica. Ma le complicazioni realizzanti vengono quando si esaminano le cose da vicino. A un livello medio – riguardante ‘tanti’ – la droga viene a riempire un vuoto causato appunto dal desiderio di morte e che è dunque un vuoto di cultura. Dunque noi oggi viviamo in un periodo storico in cui lo ‘spazio’ (o ‘vuoto’) per la droga è enormemente aumentato. E perché? Perché la cultura in senso antropologico, ‘totale’, in Italia è andata distrutta. Quindi i suoi valori e i suoi modelli tradizionali (uso qui questa parola nel senso migliore) o non contano più o cominciano a non contare più. […] Si tratta, insisto, della perdita dei valori di una intera cultura: valori che però non sono stati sostituiti da quelli di una nuova cultura (a meno che non ci si debba ‘adattare’, come del resto sarebbe tragicamente corretto, a considerare una ‘cultura’ il consumismo)”. Pier Paolo Pasolini, La droga: una vera tragedia italiana.