«Che significa: “Mamma ruba”?» Conosco Mirella, la mamma di Laurica, da almeno vent’anni. Abbiamo lavorato per diverso tempo nello stesso giornale, poi io ho cambiato mestiere. L’ho un po’ persa di vista. Prima ci sentivamo ogni tanto, non più di due volte l’anno, e adesso era passato un sacco di tempo dall’ultima volta. Intanto Laurica si è rilassata, frigna, quieta. La confessione le ha fatto bene.
«Allora? Spiegami» dico.
«Rogne sul lavoro. Hanno cominciato a darle meno di stipendio, credo il trentapercento. Lei diceva che era un po’ che le cose andavano male. Il giornale aveva perso tanti inserzionisti e l’editore non aveva altra soluzione. Litigava con papà. Tutti i giorni la stessa storia. Papà diceva che erano dei bastardi e lei li difendeva. Io non ci sto dentro con le loro liti. Vado in camera mia, chiudo la porta e metto le cuffie.»
«E poi? Cos’è successo? Perché…» Adesso mi ricordo di avere sentito delle brutte voci sul mio vecchio editore. Avevo ascoltato distratta, ma dentro quello sparlare ci stavano le vite di tante persone: donne, uomini, bambini e ragazzi, la retta dell’asilo da pagare, i libri di testo, il mutuo e le spese di condominio. Perfino il veterinario.
«Pepe, il cane, ce l’avete ancora?» chiedo, ansiosa
«È morto giusto un anno fa, dopo le feste di Natale. Lo abbiamo anche fatto operare, qualcosa allo stomaco.» Gli occhi di Laurica diventano bui. «Alla fine hanno smesso di pagare lo stipendio a mamma. Per diversi mesi. Lei lavorava lo stesso e con papà litigava ancora di più.» Parlare le fa bene, mi accorgo che ha smesso di piangere.
«Poi?» Siamo tutte è due protese una verso l’altra, ai lati opposti del tavolino. Tanto vicine che i nostri fiati si incontrano, ma non oso toccarla.
«Dopo otto mesi che lavorava gratis l’hanno licenziata. È stato prima dell’estate, però siamo andati in vacanza lo stesso. Papà ha detto che ce la potevamo fare, ma era sempre incazzato.» Ora tace, immersa in un pensiero di cui non mi mette a parte.
Aspetto. Voglio darle tempo. Rimetto il cellulare nella borsa, poi le stringo il polso attraverso il tavolino. “Forza, piccolina”, penso. “Butta fuori tutto che ti fa bene”. Laurica non ha ancora finito di sfogarsi e io sto già vagliando una serie di possibili soluzioni. Uno dei miei soprannomi tra chi mi conosce bene è Problem solving, gli altri sono Prestocheètardi e Disastro Ambulante.
Qualcosa vorrà pur dire.
Intanto ordino un altro caffé.
(2 – Continua)

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