In questi giorni di confusione, in cui forse stiamo perdendo la capacità di pensare, distinguere il bene dal male, la strage di Orlando rappresenta solo l’ultimo eccidio di una catena infinita di uccisioni nate da episodi e azioni che hanno origine comune nell’ignoranza e nella follia. Muoiono uomini, donne, bambini di tutte le età. Esseri umani tutti uguali e tutti diversi e proprio nella diversità che a molti, invece, fa paura, dovrebbe stare la bellezza di questo nostro mondo. Non ha senso aggiungere parole alla retorica dei tanti commenti e delle valutazioni che vengono fatte da ogni parte.
I morti restano morti, vite perdute per sempre.
Occasioni che non verranno mai colte.
Quello che più opprime è la mancanza di prospettive in una realtà che resta sempre uguale a se stessa.
Uccidere, in guerra o per strada, è sempre più facile. Un’azione quasi irrilevante, per alcuni.
Uccidere, un’aggressione definitiva, un fatto normale!
Siamo sempre più violenti. Questo accade ovunque.
In più negli U.S.A. nessuno riesce a trovare una soluzione praticabile per l’eccessiva proliferazione delle armi da fuoco, nonostante l’evidente necessità di regolamentare la vendita delle armi nel paese.

A questo proposito, mi sono ricordata di un fatto che mi ha raccontato Renato Tormenta, il protagonista de La regola dell’eccesso, quando nel 1979, diciottenne, era sbarcato a Baltimora. Al porto,  lui e a qualche altro marinaio avevano accettato un passaggio in città da un ragazzo di lì. Renato gli aveva offerto una sigaretta e quello aveva tentennato prima di accettarla perché il padre gli aveva insegnato che il fumo fa male. Poi c’era stata la sorpresa, scioccante.

Ecco, quasi quarant’anni dopo siamo sempre fermi a quel punto. Solo abbiamo alzato il tiro.

Immagine in alto presa dal web.

Il topo_La regola dell'eccesso_Susanna De Ciechi_ghostwriter

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