Scrivere un libro significa assumersi una grande responsabilità, così come essere lettori consapevoli, soprattutto in un momento in cui il mercato propone di tutto e di più, secondo criteri in cui la qualità non è certo al primo posto.
Quasi quarant’anni fa la grande Grazia Cherchi, intellettuale e storica editor italiana, citava Kafka per ribadire che un libro merita di essere letto solo se lascia un’impronta nel lettore. Il pezzo che segue, qui riportato in parte, è tratto da un articolo della Cherchi, Restando a Kafka, pubblicato su Linus nel 1980.
““Bisognerebbe leggere, credo, soltanto i libri che mordono o pungono. Sei il libro che leggiamo non ci sveglia con un pugno nel cranio, a che serve leggerlo?… un libro dev’essere la scure per il mare gelato dentro di noi”.
Con quale animo dopo avere letto questa frase di Kafka si può passare alla segnalazione di qualche libro? (scorrendo la lista dei libri più venduti si incontrano soprattutto scrittori il cui nome bisognerebbe far precedere da un pardon, per motivi di educazione.)
Restando a Kafka consiglio di leggere il breve, denso saggio di Elias Canetti (ancora!) L’altro processo, imperniato sull’esame delle lettere di Kafka alla fidanzata Felice Bauer (che si possono trovare nei Meridiani Mondadori); Canetti avanza l’ipotesi che due episodi di quella lunga e tormentosa relazione (peraltro, com’è noto, prevalentemente epistolare) siano alla base del Processo, e cioè il fidanzamento ufficiale in casa Bauer a Berlino (Kafka così lo descrive nel Diario: “Venni legato come un delinquente. Se con catene vere mi avessero messo in un angolo con davanti dei gendarmi e mi avessero lasciato guardare soltanto così, non sarebbe stato peggio. E questo fu il mio fidanzamento.”) e, sei settimane dopo, una riunione in albergo di parenti e amici – che lui chiamerà “il tribunale” – che portò alla rottura del fidanzamento – un mese dopo Kafka comincia a scrivere Il processo: il fidanzamento è diventato l’arresto del primo capitolo, “il tribunale” si trova, sotto forma di esecuzione, nell’ultimo.
Si sopravvive benissimo, invece, senza leggere i racconti di Djuna Barnes contenuti in La passione: il primo ha una qualche bizzarria, il secondo lascia perplessi e si comincia a chiedersi: ma va avanti sempre così? Sì. E siamo, si abbia il coraggio di dirlo, nella fumisteria pura e semplice (come sarà a rileggerlo dopo tanti anni il mitico Bosco di notte? Manca la voglia)…”.
Testo tratto da Restando a Kafka_Linus, aprile 1980 – inserito nel volume Scompartimento per lettori e taciturni. Articoli, ritratti, interviste, edito da Feltrinelli.
Immagine dal web: Grazia Cherchi con Bellocchio e Fofi. Foto di Vincenzo-Cottinelli
Vedi anche:
Grazia Cherchi_Editing, chi era costui_lug87
Grazia Cherchi_Visto non si stampi_dic.85
Grazia Cherchi, una figura cardine con un vero grande amore per i libri e la letteratura, influente e scevra da contaminazioni, capace di stimolare non solo alla lettura, ma alla -ricerca della lettura- con i suoi suggerimenti preziosi ci ha insegnato che molto spesso i libri, quei libri che stringono lo stomaco al lettore lasciando segni e facendolo crescere, sono quelli dimenticati o che dimorano in penombra.
Del resto, superato il feticcio di una subitanea vanagloria, ciò che resta è la sostanza.
Un caro saluto e buone letture,
Tiziana
Ah, Tiziana, a volte ho la sensazione che ormai la qualità, il contenuto di valore, sia quasi sempre confinato nello spazio di una penombra, come dici tu, che però non è casuale, ma obbligata. Dai tempi.
A presto.
Susanna