Sto rivedendo l’indice di un romanzo di cui ho concluso la scrittura un mese prima dell’inizio della pandemia. Da allora è rimasto confinato in una cartella del computer, in pausa, ora però è tempo di spolverare i progetti rimasti in sospeso e dunque torno a rileggerlo; c’è sempre “qualche frase da girare”, qualche periodo da migliorare, qualche parola da scartare a favore di un’altra.

Inoltre ci sono alcuni elementi del paratesto che voglio controllare, uno di questi è l’indice. Nel romanzo in questione la titolazione di ogni capitolo è scandita sulla metrica del tempo, in particolare delle ore di un’unica giornata; la forma è volutamente approssimativa, nello stile di chi alla domanda “Che ore sono?” magari risponde: “Manca poco alle tre”.

Credo che molti lettori considerino secondario l’indice in un romanzo, invece è oggetto di attenta riflessione per la maggior parte degli autori. Per quanto mi riguarda lo curo così come il testo e non ho una regola fissa nella sua redazione, infatti lo vario in modo coerente alle necessità della narrazione, a come la sento, ai personaggi che la abitano.

Talvolta l’indice ha la funzione di mappa della storia che racconta, ne riproduce lo schema. A questo proposito l’interpretazione a mo’ di schema è così vera che certi autori scrivono la scaletta di lavoro, l’indice in pectore, di fatto, ancora prima di iniziare a stendere il testo.

In un romanzo è quasi sempre posto alla fine del libro, di solito nella pagina di destra numerata con un numero dispari. In generale nei saggi e nei manuali l’indice, che in questo caso si chiama sommario, trova spazio all’inizio del libro, prima del testo.

Nei romanzi l’indice non è obbligatorio, non c’è una regola fissa. In base alle mie esperienze di lettrice riconosco che in alcuni libri in cui l’autore ha scelto di non metterlo sarebbe stato un di più, una nota stonata, mentre in rari casi la sua assenza mi ha fatto pensare a un segno di disamore nei confronti del testo da parte dello scrittore.

Riguardo alle diverse possibili forme dell’indice in un romanzo, le opzioni sono tante e se ne possono aggiungere sempre di nuove. La struttura base si rifà alla semplice numerazione dei capitoli_ Capitolo 1, Capitolo 2, Capitolo 3…  Da qui si apre un mondo sui titoli dei capitoli. In questo caso le scelte a disposizione sono diverse. Per esempio, è possibile sfruttare l’incipit di ogni capitolo, in modo da fissare l’impianto narrativo del testo, oppure ricorrere a un indice cronologico, il caso del libro cui faccio riferimento all’inizio di questo post. Esistono esempi di libri in cui l’indice è contrassegnato dalle date, magari riferite a un epistolario, oppure alle stagioni dell’anno, o ai mesi, o alle ore di una singola giornata e anche in questo caso i modi in cui si scandisce il tempo sono lasciati all’inventiva dell’autore e di fatto infiniti. Si potrebbero fare moltissimi esempi, uno per tutti può essere quello di Un giorno perfetto di Melania G. Mazzucco, scansionato in quattro parti, Notte, Mattina, Pomeriggio e Sera, con all’interno di ciascuna sei capitoli, uno per ciascuna ora numerati da 1 a 24.

Ci sono anche indici molto più complessi, perfino arzigogolati, indici con sommarietti che seminano indizi sui contenuti dei capitoli, altri tanto essenziali e ben studiati che paiono un elenco di potenziali titoli per future storie, indici che si rifanno all’utilizzo di citazioni, o di metafore. In contrapposizione a questi c’è chi sceglie soluzioni minimali magari puntando sui nomi dei personaggi che popolano la storia, oppure su eventi esterni che indicano il contesto in cui la stessa si muove e qui ci muoviamo in un campo sterminato di possibilità.

Non c’è limite alla fantasia degli autori e quasi mai la scelta è casuale, basta sfogliare qualche libro per rendersene conto. Tutto ciò per dire che spesso anche l’indice vale la lettura. 😉

Photo by Niklas Ohlrogge on Unsplash

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