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Susanna De Ciechi

Zio Tungsteno, Ricordi di un’infanzia chimica di Oliver Sacks

Biografie By Maggio 25, 2014 No Comments

25 maggio 2014

http://www.iltuoghostwriter.it/wp-content/uploads/2014/02/SACKS-O_zio0-web.jpgNel 1993, mentre mi avvicinavo al mio sessantesimo compleanno cominciai a sperimentare un fenomeno curioso, l’emergere spontaneo e non richiesto di ricordi precoci, ricordi rimasti assopiti per più di cinquant’anni. E non solo ricordi, ma veri e propri stati d’animo, idee, atmosfere, passioni, ricordi soprattutto della mia infanzia”. Così scrisse Olver Sacks ripensando alla stesura della sua autobiografia, Zio Tungsteno (Adelphi). Con questo libro, il suo più personale sino a oggi, l’autore apre le porte della grande casa edoardiana di Londra in cui viveva da ragazzino timido e introverso con la passione per la chimica: di fronte al multiforme e al caotico, all’incomprensibile e al crudele, la purezza del metallo ha per il piccolo Oliver un valore simbolico – quasi la materializzazione di “idee chiare e distinte” e di un ordine stabile. Il tramite naturale verso questo mondo fantastico è Dave, zio Tungsteno, quello che fabbricava le lampadine. Guidati dai filamenti di luce, seguiamo l’evoluzione di quel ragazzino curioso e appassionato – e sarà come ricapitolare alcune tappe essenziali nella storia della scienza.

 

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Il senso di una storia: La maestra di Kabul di Carlo Annese, Selene Biffi

Scritture&Scrittori By Maggio 22, 2014 No Comments

La-Maestra-di-kabul-web«C’era e non c’era» (così cominciano le storie nella tradizione afghana) una ragazza italiana che voleva cambiare il mondo. Una favola? Sì, ma non troppo lontana dalla realtà. Perché Selene Biffi in fondo sa come si può cambiare il mondo, un’idea alla volta. Quando, nel 2013, torna in Afghanistan dopo una prima esperienza con l’Onu, ha progetti chiari e coraggio da vendere. Selene fa un lavoro strano: crea start-up sociali, imprese con fini umanitari. E a Kabul vuole aprire una scuola. L’Afghanistan è un Paese con un tasso di analfabetismo pari quasi all’80%; un Paese in cui gli insegnamenti e la cultura si tramandano di generazione in generazione spesso soltanto attraverso il racconto orale. Ed è un Paese devastato, in cerca di una nuova identità che, forse, si può ricostruire dalle radici. Quindi – si chiede Selene – perché non partire dalla tradizione, insegnando ai giovani a «raccontare storie»? Come nelle favole, la protagonista deve superare molte prove: combatte contro una società che alle donne riserva sempre un posto nelle ultime file, sfida burocrazia e corruzione, scampa a un attentato. Ogni volta che è sul punto di mollare, trova un motivo per andare avanti: il professore-teatrante innamorato di Dario Fo, la sorpresa di entrare per caso in un negozio di aquiloni, lo sguardo di ringraziamento di un allievo fiero di aver appreso «la forza di alzarsi in piedi e parlare». La maestra di Kabul (Sperling&Kupfer)  è una storia di determinazione e coraggio, umanità e passione, che mostra il volto più sano della cooperazione internazionale, quella fatta da chi ci crede, che rischia sulla propria pelle, che è convinto che cambiare il mondo si può, semplicemente cominciando a farlo.

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Io che conosco il tuo cuore di Adelmo Cervi

Biografie By Maggio 20, 2014 No Comments

20 maggio 2014

Cervi-webQuesta è una storia vera, talmente vera che sembra un romanzo. Il romanzo d’amore di chi sa bene che l’amore si nutre di libertà. In Io che conosco il tuo cuore di Adelmo Cervi (Piemme), un ex-ragazzo di oggi, figlio di un padre strappato alla vita, racconta quel padre, Aldo, partigiano con i suoi sei fratelli nella banda Cervi, per rivendicare la sua storia e, al tempo stesso, per rivendicare di essere figlio di un uomo, non di un mito pietrificato dal tempo e dalle ideologie. Una vicenda straordinaria racchiusa tra due fotografie. La prima, degli anni Trenta: una grande famiglia riunita, contadini della pianura, sette fratelli, tutti con il vestito buono, insieme alle sorelle e ai genitori. La seconda, due anni dopo la fucilazione dei sette fratelli: solo vedove e bambini, indifesi di fronte alle durezze del periodo, alla miseria, ai debiti, anche alle maldicenze. Adelmo è seduto sulle ginocchia del nonno, in faccia l’espressione di chi è sopravvissuto a una tempesta. O a un naufragio.  C’è tutto un mondo da raccontare in mezzo a quelle due foto, con la voce di un bambino che ha imparato a cullarsi da solo, perché suo padre è morto troppo presto e sua madre ora è china sui campi.

Adelmo Cervi è figlio di Verina Castagnetti e Aldo, terzogenito dei sette fratelli Cervi fucilati dai fascisti al poligono di tiro di Reggio Emilia il 28 dicembre del 1943. Adelmo aveva appena compiuto quattro mesi. Suo nonno Alcide, la cui figura entusiasmò Italo Calvino («Lotta contro la guerra, patriottismo concreto, nuovo slancio di cultura, fratellanza internazionale, inventiva nell’azione, coraggio, amore della famiglia e della terra, tutto questo fu nei Cervi»), ha pubblicato nel 1955 I miei sette figli, a cura di Renato Nicolai, un classico della Resistenza stampato in centinaia di migliaia di copie e tradotto in moltissime lingue.

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