Cos’è il ghostwriting? Che tipo di rapporto si instaura tra il ghostwriter e il cliente/narratore? Cosa vuol dire tradurre una vita in un romanzo? Queste, e altre, sono alcune delle domande che mi pone chi mi contatta per la scrittura di un libro.

Per rispondere parto da una premessa: quando scrivo, qualsiasi cosa io scriva, non invento storie, ma prendo spunto dalle vite degli altri. Quando svolgo la mia attività di ghostwriter ricavo un romanzo dalle storie che i miei narratori, persone reali, mi raccontano. Per me scrivere è reinventare, o per meglio dire traslitterare, ciò che un altro ha vissuto declinandolo in un progetto di scrittura che pone al centro l’intreccio tra un ordito – la struttura di base – e la trama, o le trame, attraverso cui si snoda il senso di quella vita.

Scrivere romanzi ispirati a storie vere è un modo di riscrivere un’intera esistenza e, in particolare per certi narratori, la scrittura (mediata da un ghostwriter) rappresenta un tentativo di svelare la migliore delle verità possibili riguardo a ciò che hanno vissuto. Qui risulta evidente la differenza tra la scrittura di un romanzo di fantasia in cui l’autore è chi scrive e il narratore è un’invenzione dell’autore, e la scrittura di un romanzo non fiction, un romanzo autobiografico, un memoir, in cui l’autore è uno scrittore professionista, nel mio caso una ghostwriter, mentre la voce narrante è la voce del narratore, la persona che condivide con me la sua storia attraverso un racconto orale affinché io la scriva.

Con il ghostwriting collaboro con un soggetto vivo e reale che trasformo in un personaggio letterario. Il mio punto d’arrivo è un genere narrativo che si basa sulla libera rielaborazione della “realtà  raccontata dal narratore” cui io, in veste di ghostwriter, attingo per costruire la storia romanzata che scriverò. Per affrontare una tale avventura, è scontato che il rapporto tra il ghostwriter e il narratore debba fondarsi sulla fiducia reciproca.

La progettazione della storia in forma romanzata prevede che io utilizzi il materiale messo a disposizione dal narratore nel modo più opportuno per la resa del romanzo. Per questo, acquisito il suo contributo orale, prima di iniziare la prima stesura pianifico l’architettura e i contenuti del testo. Procedo analizzando gli eventi e i personaggi che compongono il vissuto del narratore, o meglio quelli che alla mia analisi risultano come i più significativi, allo scopo di operare la necessaria selezione dei fatti che rendono una storia degna di essere raccontata nelle pagine di un libro; inoltre vado a individuare i dettagli che contribuiscono in modo efficace ad arricchire la narrazione, a renderla vera, e doso i necessari contributi di fantasia. Non è una verità assoluta che in un romanzo la realtà sia superiore all’invenzione narrativa, anche se per esperienza posso dire che ciò accade spesso, invece è senz’altro vero che la realtà può guadagnare, e molto, dall’amalgamarsi con la finzione narrativa.

Ed ecco un’altra delle domande che mi viene rivolta spesso: il narratore può avanzare delle richieste specifiche riguardo ai contenuti da me selezionati per la traduzione della sua vita in un romanzo autobiografico?

Nel ghostwriting la collaborazione tra lo scrittore e il narratore è continua ed è fondamentale affinché ciascuno dei due soggetti comprenda le esigenze dell’altro. È essenziale che il narratore abbia ben chiaro che deve impegnarsi nel progetto tanto quanto il ghostwriter, infatti diversi gradi di esposizione del narratore producono differenti risultati nella scrittura (del ghostwriter). Chi racconta è responsabile della riuscita del libro tanto quanto chi scrive, avendo presente che la scrittura ha, com’è ovvio, una decisa componente soggettiva coerente con il raggiungimento della migliore resa letteraria possibile. Quali che siano le aspettative che ripone nel progetto, se il narratore non darà allo scrittore ciò di cui ha bisogno, se non si concederà, comprometterà la resa della scrittura. Questo è ciò che metto in chiaro già negli incontri preliminari alla sottoscrizione dell’incarico e nel corso delle conversazioni in cui il narratore mi racconta la sua storia. In seguito, quando comincio la prima stesura del romanzo, adotto il metodo del confronto diretto: commentiamo il testo capitolo per capitolo; raccolgo le osservazioni, i suggerimenti, le precisazioni del narratore. Se esprime una preferenza riguardo a una soluzione invece di un’altra e chiede una modifica, io gli spiego se si può fare, o addirittura si deve fare oppure, se non si può fare, chiarisco il perché. Conclusa la prima stesura e il confronto su di essa, procedo alla revisione del testo cui seguiranno l’editing e la correzione di bozze.

Nella scrittura mi impegno per mantenere uno stile semplice, mi piace usare parole scelte con cura di cui sia facile comprendere il senso all’interno del periodo per qualsiasi lettore, anche per chi decida di sfogliare un libro solo occasionalmente. Scrivere così è complicato, è ben lontano dal linguaggio di oggi, svilito dall’uso di termini triti, abusati, declinati in discorsi spesso infarciti di parole banali, ma è anche il modo migliore per favorire l’interesse del lettore dopo averlo conquistato, si spera, con una trama coivolgente.

Idealmente il risultato di un progetto di ghostwriting consente al narratore di rileggere ciò che ha vissuto da una prospettiva diversa e distante. La vita impaginata è la fine di un viaggio che può riservare più di una sorpresa.

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Immagine d’apertura by Pixabay

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