Conosco Ermanno Bencivengafilosofo e professore universitario, perché più di quarant’anni fa mi ha dato ripetizioni di greco per alcuni mesi. Allora eravamo giovanissimi, lui esibiva una intelligenza raffinata e fuori del comune, io ero nella fase della scavezzacollo e… voglia di studiare saltami addosso. Ci siamo incontrati di nuovo nel 2015, tanta vita alle spalle di tutti e due, eppure ho notato che di base eravamo restati gli stessi di un tempo. Una cosa bella. Ora Feltrinelli ha pubblicato il suo ultimo libro, La scomparsa del pensiero, in cui spiega cosa comporti il nostro abdicare alle tecnologie: «Qualcun altro, qualcos’altro, ragionerà per noi; non ci rimane che accettare tanta benevola assistenza ed evitare fatiche ormai rivelatesi inutili. Se non fosse per il fatto che l’offerta ha una coda velenosa: le fatiche ormai inutili che siamo felici di evitare sono indispensabili per sviluppare la pratica del ragionamento; demandare tale pratica significa perderne il controllo». Sono convinta che la maggior parte di noi sia già sulla strada d’essere schiava delle macchine senza saperlo, molti di quelli che ne hanno coscienza affondano nelle sabbie mobili imprigionati nella rete, senza proferire un lamento.
Il Post ha dedicato un articolo a illustrare i contenuti del libro proponendo
alcune pagine del capitolo dedicato da Bencivenga a come affrontare la questione nell’insegnamento scolastico. C’è molto su cui rifletere: “Se è la logica che ci sta venendo a mancare, e se tale mancanza è dovuta, da un lato, al diradarsi del bisogno che ci aveva educato al ragionamento e, dall’altro, al disinteresse per i suoi vantaggi e meriti indotto dalla tecnologia e favorito da sordidi interessi politici, la ricetta per ritrovare quel che abbiamo perso sembrerebbe scontata: occorre affiancare alla fretta e al frastuono dei mille dispositivi elettronici contemporanei e alla pigrizia causata dall’esternalizzazione della funzione logica e vista di buon occhio dai padroni del vapore una nuova forma di educazione. Occorre insegnare consapevolmente, applicando opportune strategie didattiche, la logica che in passato ci era trasmessa in modo automatico dalle nostre abitudini quotidiane. La conclusione è ineccepibile, ma facilmente fraintesa, e il fraintendimento può fare danni; dobbiamo renderne conto. In ciò seguiremo ancora una volta le orme di Aristotele, padre della logica, che prima di proporre una sua visione di un argomento sgombrava il campo delle alternative più popolari e da lui giudicate errate”. Continua a leggere qui.

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