Appena sveglia per prima cosa recupero l’iPad e lo sistemo in bilico contro la scatola di latta dei biscotti, tra la tazza del caffè doppio e l’ottima marmellata di arance fatta in casa, un regalo dslla mia amica Gabriella.  Con le dita appiccicose di confettura faccio scorrere la rassegna stampa delle news: compaiono i soliti titoli a effetto sullo sfascio in corso. Nel mazzo degli articoli che sembrano quasi la fotocopia l’uno dell’altro, trovo qualcosa che mi interessa:  Il digitale ha già cambiato la scrittura: ma il “bello” deve ancora venire di Silvia Bottani per glistatigenerali.com.  Il testo affronta il tema del declino dei quotidiani di carta a favore del digitale, innegabile, e la conseguente generale flessione nella qualità della scrittura fruibile online; lo fa in modo chiaro offrendo una serie di riferimenti utili. Cito dall’articolo: “Si scrive sotto il diktat del SEO che influenza la forma dei testi e la scelta degli argomenti, la riduzione progressiva degli introiti e la velocità di produzione dei contenuti ha fatto scomparire figure come il correttore di bozze (o del correttore tipografico, figura la cui nascita risale al XVI secolo per rispondere alla nascente bisogno di uniformare linguisticamente i testi del tempo) mentre le redazioni – spesso microredazioni – sono sempre più leggere, composte da collaboratori esterni sottoposti a ritmi produttivi che antepongono la rapidità alla qualità…”.

È tutto vero. Io per prima fruisco della possibilità di leggere le notizie online e, nonostante cerchi di selezionare con attenzione le mie fonti, spesso incappo in testi sciatti, talvolta perfino orripilanti, che mi infastidiscono e mi rendono diffidente rispetto alla validità del contenuto che in essi è proposto. Oggi troppa informazione è diventato sinonimo di cattiva informazione e di fake news, inoltre dobbiamo fare i conti con l’altissima percentuale di analfabeti funzionali  presenti in Italia che, purtroppo, non sono in grado di valutare la qualità dei testi che leggono, il vero dal falso. Del resto ora il giornalismo è spesso basato sull’improvvisazione; incredibilmente chi lo pratica non conosce, non sa, non distingue, non ha tempo per imparare, per approfondire. Ovviamente ci sono le dovute eccezioni.

Qui di seguito vi propongo l’inizio dell’articolo di Silvia Bottani per GliStatiGenerali:

“I dati relativi alle copie dei quotidiani vendute sono impietosi: si legge poco il cartaceo, si legge molto online e possibilmente gratis: negli ultimi dieci anni la diffusione dei quotidiani italiani si è più che dimezzata passando da 5,4 milioni a 2,6 milioni di copie giornaliere, come indicato dal Report 2017 della FIEG. A questo si aggiunge un calo complessivo degli introiti pubblicitari del 27%, che passano da 8,8 a 6,4 miliardi di euro, con un conseguente calo del fatturato pubblicitario dei quotidiani e dei periodici di oltre il 60%. I dati Audipress del 2018 rilevano un dato di 16,3 di lettori su carta o digitale in un giorno medio, ovvero il 30,3% della popolazione italiana adulta. Le testate internazionali come il New York Times o il The Guardian per ora tamponano le emorragie con un sistema di abbonamenti, donazioni e paywall che argina le perdite, ma in Italia il meccanismo sembra non garantire un bacino di utenti e di introiti sufficienti a garantire una buona qualità di vita dei quotidiani e delle riviste.

Carta vs digitale
Il digitale ha contribuito in maniera significativa alla crisi della carta, proponendo un modello di lettura caratterizzato dalla facilità di accesso ai contenuti e dalla gratuità, eppure non bisogna dimenticare che oggi si legge di più – in termini assoluti – di quanto non si facesse prima dell’avvento del web e la quantità di informazioni disponibile al pubblico è cresciuta fino a raggiungere quantità incalcolabili. Mentre si attende il debutto del “Netflix dei giornali” per l’ambiente Apple, che potrebbe ridare un po’ di ossigeno al comparto asfittico dei giornali, si legge in modo frammentato, saltando da un post a un articolo, scrollando il feed di Twitter e sbocconcellando longform che vengono per lo più accantonati grazie alla funzione di procrastinazione eterna “leggi dopo””.

(continua a leggere su glistatigenerali.com)

Immagine dal web

Share: