stephen-king-blaze- Pseudonimo 2“Alzò le mani, esasperato. “Non faccio del sarcasmo. Sto solo cercando di scuotervi dal vostro delirio perché vi rendiate conto della follia di quello che state dicendo! State sostenendo che uno stramaledetto pseudonimo letterario si è trasformato in un individuo in carne e ossa!” Stephen King, La Metà Oscura

Di solito chi commissiona un libro a un ghost writer e non è uno scrittore, lo fa anche per il piacere di vedere il proprio nome in copertina, come autore. Tuttavia anche in questo caso ci sono narratori che preferiscono nascondersi dietro lo pseudonimo letterario. I motivi possono essere diversi in relazione al tipo di lavoro commissionato, ad esempio un romanzo piuttosto che un’autobiografia, e dell’uso a cui è destinato. Alcuni narratori hanno come obiettivo la realizzazione di un memoir da stampare in un numero limitato di copie, magari solo un centinaio, da distribuire a parenti e ad amici per un’occasione speciale. In questo caso misurano i contenuti in modo equilibrato e coerente con lo scopo che si sono prefissi e possono mettere in chiaro le trame, i temi e i soggetti citati nel libro senza alcun timore. Se il narratore è un imprenditore e la sua storia coincide con i ricordi e le memorie legate alla sviluppo di un’attività, ne darà una diffusione più ampia, correlata all’ambito dell’azienda. Ma questo è un altro discorso.

Diversamente, se il narratore decide di raccontare la propria storia privata fino in fondo, senza nulla tacere di sé, neppure i particolari più scabrosi, e coinvolgendo altri a lui vicini, e desidera pubblicarla per renderla fruibile da parte di un’ampia platea di lettori, potrà avere la necessità di mantenere l’anonimato. In questo caso il ricorso allo pseudonimo letterario è d’obbligo. Recentemente ho lavorato alla realizzazione di un’autobiografia romanzata il cui protagonista è un personaggio fuori del comune che ha adottato questa scelta avendo come obiettivo proprio la pubblicazione del suo libro. In questo caso l’esperienza ha avuto delle connotazioni particolari, a mio avviso positive, sia per il narratore sia per il ghost writer. Infatti, lo pseudonimo letterario si è trasformato in un individuo in carne e ossa esattamente come indicato nella citazione di Stephen King che ha spesso utilizzato lo pseudonimo letterario di Richard Bachman. Il narratore ha potuto raccontare con maggiore distacco alcune parti della sua storia e il ghost writer ha gestito con più libertà il personaggio che, in alcuni casi, in un certo modo è arrivato perfino a dire la sua. Ma, come sempre, questo esempio non costituisce in alcun modo una regola perché, soprattutto in questo lavoro, ogni storia, ogni libro sono unici e originali e costruiti secondo canoni sempre diversi, secondo le necessità di ciascun narratore.

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