11 ottobre 2014

 

index-webMalinconica e divertente, l’autobiografia di J. R. Moehringer edita da Piemme è l’avvincente racconto della lotta di un ragazzo per diventare uomo e un indimenticabile ritratto di come gli uomini rimangano, nel fondo del loro cuore, dei ragazzi perduti. Cresce con l’orecchio schiacciato contro la radio per ascoltare la voce del padre, un disc-jockey di New York, che ha preso il volo quando lui era ancora piccolo, e avendo come riferimento la madre, il suo mondo, la sua roccia, ma lui cerca anche qualcosa di più, qualcosa che riesce, debolmente ma ossessivamente, ad avvertire solo in quella voce maschile. A otto anni, quando anche la voce alla radio scompare, J.R. scappa disperato fino al bar all’angolo, e lì scopre un nuovo mondo e un coro turbolento di nuove voci. Sono poliziotti e poeti, allibratori e soldati, star del cinema e pugili suonati, la varia umanità che si rifugia al “Dickens” per raccontare le proprie storie o scordare i propri guai. E così, grazie a quel coro di voci, diventa grande.

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