27 gennaio 2015

3171124-webSopravvivere al ghetto di Lodz, ad Auschwitz, a Neuengamme e a Bergen-Belsen fu quasi un miracolo. Aveva otto anni e viveva ad Amburgo, in Germania, quando Hitler salì al potere. Aveva vent’anni quando la guerra finì. Dodici lunghi anni di orrore, di privazioni, di umiliazioni, di fame”.

Le donne e l’Olocausto (Marsilio, traduzione di Errico Buonanno) è uno dei pochi memoriali che si concentra esclusivamente sulle donne. Con sincerità straziante, Lucille Eichengreen offre uno sguardo approfondito e sincero dell’esperienza femminile nei campi nazisti. Raccontando la storia della propria sopravvivenza, esplora il mondo delle altre donne che ha incontrato, dal potere femminile delle guardie SS, alle prigioniere che erano costrette a prostituirsi per il cibo. Le amicizie che nacquero tra le donne spesso durarono a lungo. Si aiutavano l’una con l’altra, e si dimostravano un affetto e un’attenzione che era difficile trovare persino in famiglia. Certo, avevano anche delle nemiche tra loro. Altre donne le maltrattavano, le denunciavano, le raggiravano e rubavano il cibo o le scarpe. In tutti i campi di concentramento era più o meno lo stesso. Ma in generale c’era fiducia reciproca, le donne si davano una mano e piangevano insieme. Con una prosa secca e toccante, la Eichengreen sa cogliere il nocciolo, l’essenza delle cose ma senza fare prediche. In più, Lucille scrive con l’autorevolezza della testimone oculare, un valore che presto spetterà solo alla pagina scritta e ai documentari filmati, visto che le fila dei sopravvissuti si assottigliano drammaticamente ogni anno. Lei è una di loro, una sopravvissuta che ha ancora voglia di raccontare la propria storia.

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