Giulia Beyman è la scrittrice che lo scorso anno ha visto il suo libro Prima di dire addio in cima alla classifica degli e-book più scaricati di Amazon, davanti a mostri sacri come Ken Follett, con I giorni dell’eternità, e Donna Tartt con Il cardellino. Senza dubbio rappresenta un esempio luminoso nel mondo degli autori indie: ha fatto della scrittura il suo mestiere e lo gestisce in modo professionale. Di recente è stata tradotta da Amazon Publishing per il mercato statunitense, inoltre il primo libro della serie di Nora Cooper uscirà a novembre anche nella versione tedesca.
L’avventura di Giulia Beyman autrice di bestseller è iniziato nel 2010, un’epoca pionieristica per gli autori indie. Da allora molto è cambiato, tuttavia la fase di sperimentazione è lontana dall’essere conclusa.

Come sei arrivata al self-publishing?
Beyman-WordsintheDark-20260-CV-FT-V3Ho iniziato a pubblicare su Amazon.com quando non esisteva ancora la piattaforma nella versione italiana. Ripensandoci a distanza di anni, è stato un gesto un po’ folle. Tuttavia il mezzo mi aveva affascinato, l’idea che il mio libro potesse essere a disposizione dei lettori ovunque nel mondo mi entusiasmava e mi piaceva anche l’autonomia di gestione consentita dall’autopubblicazione. Capire il meccanismo del self-publishing, imparare a gestirlo al meglio, tutto ciò ha richiesto un bel po’ di tempo. Del resto l’esperienza è necessaria per fare propri i segreti di qualsiasi mestiere. In questo caso gli strumenti a disposizione erano nuovi e occorreva mettere in campo anche un po’ d’inventiva.
Data per scontata la qualità della scrittura e l’applicazione di un protocollo professionale per il self-publishing, quanto tempo ci vuole per capire se un libro incontra il mercato?
Non esiste una regola, un tempo codificato per capire se il tuo libro funziona. Il self-publishing ha come cardine la produzione di libri in formato digitale e gli ebook, al contrario dei libri di carta, non hanno una scadenza. L’autore può sondare il livello di gradimento dei lettori ed eventualmente intervenire per apportare dei cambiamenti. Quando metto online un libro, inizio una fase di osservazione attenta per valutare se la copertina funziona, se il titolo è giusto, se la sinossi è la più adatta per catturare l’interesse del lettore. La forma che diamo al libro deve rispecchiarne la sostanza. Se il libro non va bisogna tornare ad analizzare con occhio critico ogni aspetto del pubblicato. Per essere obbiettivi si deve mettere il giusto tempo tra il momento in cui il libro è terminato e quello in cui lo si riprende in esame; in questo modo sarà più facile individuare gli elementi da migliorare. Ne guadagneranno sia il libro sia l’autore che così potrà incrementare le sue competenze.
Come vedi la scelta di proporre anche il cartaceo?
I lettori che selezionano i libri in rete di solito apprezzano gli ebook, tuttavia la versione cartacea resta importante per soddisfare chi è affezionato al libro tradizionale o lo vuole regalare perché magari l’ha già letto nella versione in digitale. La carta resta un’opzione sostanziale per il lettore.
Il self-publishing sta cambiando contenuti e valore, ma deve liberarsi dal pregiudizio di chi spesso lo giudica ancora un calderone di opere improponibili. Com’è possibile dare la giusta evidenza all’autopubblicazione professionale?
Il pregiudizio nei confronti dell’auto-pubblicazione si va lentamente attenuando, anche se una forma di prevenzione ancora resiste. Del resto è fisiologico che le novità incontrino molte difficoltà nell’affermarsi, occorre perseverare e dimostrare sul campo d’essere professionali. Solo così i risultati arriveranno. Credo anche che coloro che accedono in maniera saltuaria all’auto-pubblicazione diminuiranno di numero. Stiamo andando verso lo stesso tipo di evoluzione che si è verificato negli U.S.A. Gli indie stabiliranno sinergie in autonomia con gli altri autori e con gli editori. È solo questione di tempo. Probabilmente la scelta di abbandonare l’editoria tradizionale per il self-publishing potrà favorire sia gli autori sia gli editori nella ricerca di nuove modalità di collaborazione.
Gli autori dell’editoria tradizionale che diventano indie sono un fenomeno ben noto negli Stati Uniti e anche da noi qualcosa comincia a muoversi in tal senso. Del resto per un autore il self publishing rappresenta un’occasione unica per seguire il proprio lavoro in autonomia, senza vincoli, e con maggiore facilità di quanto possa fare un editore.
Dunque cambiano i ruoli e il peso di ciascuno degli attori in campo?
Sì. È sempre un’ottima cosa che un editore giudichi il tuo libro un buon libro, ma questo è solo un punto di partenza. Ora si possono provare strade diverse, nuove formule che, ad esempio, prevedano contratti in cui i diritti vengono frazionati in modo differente. Ciò potrebbe consentire di lavorare meglio in collaborazione con l’editore, con vantaggio reciproco di tutti i soggetti.
Una volta era normale cedere i diritti di un libro senza sapere quale sarebbe stato il destino del libro stesso, oggi non più. Penso sia tramontata l’epoca in cui un autore poteva ritenersi gratificato dall’essere stato pubblicato da un editore, indipendentemente dal rispetto delle regole contrattuali, dalla cura prestata alla pubblicazione e alla distribuzione del libro. L’autore è un professionista che mette tutto se stesso nel lavoro che fa, per questo merita rispetto ed è giusto che abbia un riscontro economico, altrimenti è proprio il rapporto con l’editore che rischia di diventare una sorta di vanity press.
Tu hai pubblicato anche per Rizzoli inoltre sei rappresentata da ALI, storica agenzia letteraria italiana. L’intermediazione dell’agente per un indie è indispensabile?
Quella con Rizzoli è stata una grande opportunità e una bella esperienza e non è detto che io non la ripeta, le scelte vanno fatte di volta in volta e non ho pregiudizi. Essere contattata da Valentina Balzarotti Barbieri, una donna di cultura e una grande agente, mi ha molto gratificato. ALI mi ha supportato nel rapporto con le case editrici e rispetto alla firma dei contratti per la cessione dei diritti di traduzione.
Gli strumenti utili all’autore ci sono e ci sono persone disposte a modificare i termini di questo lavoro in modo nuovo. Occorre essere aperti, osservare ciò che accade e decidere qual è la direzione su cui puntare. Adesso è inevitabile che si verifichi una commistione dei ruoli. Il cambiamento costringerà anche i più renitenti a mescolarsi: autori pubblicati tradizionalmente migreranno al self e viceversa, utilizzando formule nuove. L’editoria, oggi ingessata, ne trarrà beneficio e ci saranno delle novità interessanti per il self-publishing. Ora siamo ancora fermi a inutili discussioni intorno agli ebook, ma chi compera ebook è un lettore tanto quanto chi compera libri di carta. Inoltre nel campo dell’editoria indipendente ci sono professionalità molto forti, autori che hanno competenze straordinarie che sarebbero utili a una casa editrice che si muove ancora con una pesantezza che ne limita il raggio d’azione.
Vorrei da te qualche consiglio per gli autori auto-pubblicati professionali. In termini di tempo e di metodo qual è la strada migliore per individuare il proprio pubblico e farsi conoscere?
Questo è un mestiere che si impara sul campo. Ci sono dei tempi di organizzazione del lavoro che devono essere rispettati; quando i libri aumentano di numero bisogna trovare il modo per mantenere il tempo per la scrittura, che è la nostra principale attività e deve essere di qualità, magari delegando alcune attività a dei professionisti.
Per la promozione lo strumento principe sono i social. Chi acquista ebook vive la rete, un mezzo che consente anche il contatto diretto con l’autore, una possibilità che l’editoria tradizionale gestisce in modo complicato. Non penso ci sia una formula, una strategia per avvicinare i lettori. La cosa migliore è mostrarsi come si è davvero; credo che la linea della sincerità sia quella che paga di più. Se lavori seminando bene i risultati arriveranno.
E adesso parliamo di Nora Cooper, il “tuo” personaggio. Ha una grande presa sui lettori, tanto che ti ha portato in vetta alle classifiche a spese di scrittori come Ken Follet e Donna Tartt.
Al tempo in cui ho scritto il primo libro non immaginavo che sarei rimasta legata a Nora per così tanto tempo, ma è successo. Ho scoperto che la serialità funziona anche nel favorire il rapporto con i lettori. Quando mi sono ritrovata in classifica davanti a scrittori di quel calibro mi sono sentita emozionata, ma anche imbarazzata, però sono conferme di questo tipo che ti danno energia e ti spingono a continuare cercando di fare sempre meglio.

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