“… se dei nuovi Calvino, Buzzati, Gadda eccetera ci fossero e fossero pure più bravi degli originali, ma non sapessimo scorgerli e riconoscerli?” L’articolo di Luca Rota su Cultora che si intitola Il nuovo Calvino? C’è , forse, ma tanto non si vede…., indaga sul perché oggi sia difficile individuare nuovi scrittori di livello e coglie un aspetto del problema legato alla qualità non solo dello scrittore, ma anche del lettore. Cito Rota: “È una situazione paradossale, converrete, che in fondo rispecchia quel principio che recita “tanta scelta, nessuna scelta”: cioè, troppe cose a disposizione, troppo caos, poca capacità (propria o indotta) di discernimento, pochi (o nessun) aiuto esterno in tal senso. Così oggi si potrebbe, come mai prima d’ora, avere gli strumenti per effettuare la migliore cernita tra alta e bassa qualità, tra ciò che soddisfa la mente e ciò che sazia soltanto la pancia, tra quanto può elevarci intellettualmente e quanto invece ci degrada, e invece non lo sappiamo più fare. Danneggiando in tal modo non solo la produzione culturale di valore, ma pure noi stessi e le nostre possibilità di evoluzione intellettuale e sociale”.
Forse è proprio in quel “danneggiando noi stessi” che sta la chiave del problema. Ci sono tanti tipi di lettori, come è giusto ciascuno ha un proprio gusto letterario, tuttavia mi domando se, nell’ambito della scelta del genere che preferiscono, sappiano sempre distinguere la qualità. Non è così scontato; dipende da che tipo di lettore si è, da quanto si è preparati ad accogliere ciò che si legge. Da quanto si è attenti e concentrati. Da quanto si vuole concedere in termini di riflessione all’atto della lettura.
Mi è capitato di sentire dire: “Scrivi tenendo presente che il lettore ti leggerà in modo poco attento e discontinuo. Lo farà mentre cucina, sarà interrotto da una telefonata, dovrà dare retta al bambino oppure, tra un capitolo e l’altro, deciderà di dare un’occhiata a Facebook. Tu scrivi in modo che lui possa facilmente ritrovare il filo del discorso”. Insomma, bisognerebbe scrivere in modo da facilitare la fruizione della storia a lettori che, nel migliore dei casi, sono solo distratti.
Ciò presuppone che la maggior parte dei lettori cerchi nei libri esclusivamente un momento di svago? Niente impegno, né voglia d’imparare, tensione intellettuale e tantomeno rispetto per chi ha scritto e in quella storia ha creduto? Non è possibile generalizzare, chi si impegna e vale su un fronte e sull’altro c’è ancora, ma quasi scompare nel caos della produzione di largo consumo che domina il mercato e a cui viene anche dato più rilievo.
Sì, la soluzione è tornare a ragionare con la proprio testa, come sostiene l’autore dell’articolo, ma per farlo occorre prima di tutto rendersi conto d’essere prigionieri di un sistema che ci vuole stupidi. Tutto ciò richiede un notevole sforzo e qui tra le altre cose, entra in gioco anche la pigrizia.
Ce la potremo fare?

Share: