Mi hanno portato dell’acqua. Ora è passato, sto meglio. Era da tanto tempo che non avevo un attacco di panico. La cameriera e il barista mi sono intorno. Di certo non vedono l’ora che ce ne andiamo anche se siamo gli unici clienti.
Laurica ha una faccia stralunata… Povera piccola, le doveva capitare anche di vedermi in questo stato. Con i problemi che ha.
Sua madre, la mia amica Mirella, si fa di coca e ruba i soldi al marito per procurarsela. Adesso mi spiego perché al lavoro fosse tanto schizzata!
«Senti Laurica, da quanto tempo la mamma fa uso… Insomma, abusa di quella roba lì?» Allungo una mano per carezzarle una guancia, un gesto di consolazione. Lei si ritrae, mi guarda storto.
«Non so. Io me la ricordo con il naso sporco. Diceva che era farina, ma poi la torta non c’era e neanche gli gnocchi.» Adesso ride. Credo non abbia mai voluto sapere fino in fondo. Il sesto senso speciale dei bambini.
«E tu? Gli spinelli?»
«Dall’anno scorso. Fumano tutti, lo sai» replica, sfrontata.
Non dico niente. Non è mia figlia e neanche mia nipote. Però penso subito a Renato Tormenta, che si è perso perché ha fatto delle sostanze le sue cattive medicine. Forse Laurica ha davanti a sé una strada segnata, forse troverà un bivio e potrà decidere in che direzione andare. Ci vuole testa e tanta fortuna per non restare sulla strada sbagliata troppo a lungo. Jacopo il ragazzino mio amico, ha capito in tempo che doveva virare. Adesso che ci penso, è un po’ che non lo sento, troppo tempo.
Per una volta non so che fare. Non ho neppure l’abbozzo di una possibile soluzione.
«Dove stavi andando?»
«A casa di una mia amica. Io suoi sono via per lavoro fino al prossimo mese.»
«L’hanno lasciata da sola?»
«Nooo. C’è sua sorella che fa l’università», poi aggiunge: «Sua sorella, Marina, studia da avvocato e… sa tutto. Siamo d’accordo che vado da loro e lei chiama mamma e papà.» L’ha detto quasi in un sussurro. Uno squarcio di buon senso, un programma di cose fatte bene.
Quanta saggezza, perfino troppa.
«Lo capisci che devo controllare? Ti accompagno.»
«Lo sapevo che averti incontrato era una sfiga.» Intanto mi pare rinfrancata, il momento brutto è passato per tutte e due. «Che mestiere fai? Ancora la giornalista?»
«Ho smesso da tanto. Faccio la ghost writer
«Sarebbe?» chiede. Non mi stupisco. Sono ancora pochi quelli che conoscono il mestiere dello scrittore fantasma. Neppure il film di Roman Polański, The Ghost writer, è servito ad aumentare la popolarità di quelli che fanno il mio lavoro. «Scrivo romanzi che ricavo dalle storie degli altri.» Il massimo della semplificazione. «Adesso andiamo a casa della tua amica. Chiamo un taxi. Il tuo zaino è troppo pesante.»
Laurica si alza, solleva le braccia, raccoglie i capelli e li infila sotto il berretto di lana. Io indosso il piumino, prendo la borsa. Sono alla cassa e sto per pagare quando lei mi sussurra qualcosa da sopra la spalla.
Mi volto. «Non ho capito» dico.
«Non vorrai mica scrivere di questa storia, vero?» ripete a voce un po’ più alta.
La guardo, seria e rispondo: «Non lo so».
(5 – Fine)

Colonna sonora del film The ghost writer

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