Oggi è il #25 novembre, la giornata in cui si ribadisce il #noallaviolenzacontroledonne. Domani, celebreremo un altro giorno come questo, dedicato a un altro tema. Riti vuoti di vero significato. Vi lascio qualche riga da Tessa e basta, il libro che ho scritto come ghostwriter raccogliendo la storia vera di Tessa Krevic. Una storia impossibile da dimenticare e che ancora oggi fa paura. Tessa aveva solo quindici anni nella pagina che descrive il suo primo incontro con la violenza. Da meditare per le tante Tessa che oggi subiscono la stessa sorte. Che scusa hai per non leggere la sua storia?

Tessa e basta di Susanna De Ciechi e Tessa Krevic
Capitolo 1 – Cetnik

Croazia, settembre 1993.
«Ehi, guardate quella lì.» Uno basso, tarchiato, l’espressione ottusa dentro una faccia rossa, resa intensa da un reticolo di rughe scolpite nella pelle, posò il bicchiere sul tavolo di legno con uno schiocco secco. Aveva parlato a tutti e a nessuno. Erano le tre del pomeriggio. All’esterno del bar c’era una mezza dozzina di uomini intenti a bere vino, nonostante il caldo.
«Lo sapete chi è quella lì? Lo sapete?» insisteva alzando sempre di più il tono, il dito teso a indicare due figure che avanzavano lente. Gli altri tacevano, indifferenti sia a lui sia alle ragazze, poco più che bambine, che stavano attraversando la piazza per avviarsi in direzione del corso, ignare di tutto. Ancora qualche decina di metri e sarebbero arrivate davanti al portico che ospitava i tavoli all’aperto.
«Ehi, gente! Guardate. Dico la biondina. Mica c’avete di meglio da fare.» Qualcuno di quelli chiamati in causa aveva alzato la testa e fissava le due ragazzine, ormai prossime. Uno dalla faccia butterata dall’acne era uscito dall’ombra per pararsi davanti a loro.
Smarrite.
Mute.
Impaurite.
In giro pochissima gente: uomini, qualche donna con la borsa della spesa, una giovane spingeva una carrozzina. Camminavano in fretta, con gli occhi bassi, fingevano di non vedere ciò che stava accadendo.
«Chi sono? Cosa vogliono?» Sanja sottovoce, il respiro sospeso.
«Non so.» Tessa prese per mano l’amica e la trascinò di lato nella piazza, per aggirare l’ostacolo. L’uomo seguì il movimento, bloccandole.
«Tu bionda, puttana!» Si mise a sbraitare gonfiando le guance e sputando a terra. «Tu puttana, tu sei una cetnik.»
«Ve lo dicevo io. E non mi davate retta.» Adesso era quello di prima, il tracagnotto, a farsi avanti. Gli altri si limitavano a osservare ciò che stava capitando, come se la cosa non li riguardasse.
«Però sei una bellezza!» Brutta pelle lanciò in giro un sorriso sdentato.
«Una bella cetnik. Tutta per noi.» Anche il bassetto adesso stava a braccia conserte e gambe larghe davanti a Tessa.
«Lo sapete di chi è figlia, vero?» disse rivolto a quelli del bar. «Dai, divertiamoci un po’! Scopiamola per bene. La figlia di un cetnik.»
«Siete impazziti?» Sanja gridò, la voce come un latrato, mentre Tessa iniziava ad arretrare.
«Sì, le strappiamo i vestiti. Dai! Poi la scopiamo. Tutti quanti. Anche i vecchi.» Il tarchiato esplose in una risata cattiva. Era il più infoiato. La tensione tra i tavoli del bar era alle stelle.
«E poi andiamo al fiume e l’anneghiamo nell’acqua bassa, piano piano. Che si accorga di morire.» Piantò gli occhi in faccia alla bambina. «Potrai ammirare le punte dei pini mentre tiri fuori l’ultimo fiato a pelo d’acqua. Cosa ne dici, cetnik? Ti piace il programma?»
Tessa, pallidissima, rispose con un singhiozzo. Sanja le teneva sempre stretta la mano, lo stesso le stava lontana per tutta la lunghezza del braccio.
Amiche, ma distanti.
In una manciata di minuti tutto era cambiato.
Il mondo aveva dichiarato guerra a Tessa.

© 2015 – Susanna De Ciechi e Tessa Krevic

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