“…la vita è, per la maggior parte, questione di adattamenti, l’assetto e il riassetto che cerchiamo di dare a fatti che esulano dal nostro controllo e sui quali noi potremmo, in primo luogo, non avere nemmeno cercato di esercitare un controllo… Sicché… quando sono tentato di prendermela o di arrabbiarmi… la cosa migliore è lasciar perdere e capire che la rabbia che provo la provo solo io, e che non esiste giustizia. La vogliamo noi, la giustizia.  A volte si direbbe che la vita non faccia che girare attorno  al nostro desiderio di giustizia”. (Richard Ford, Infiniti Peccati)

Un chiacchiericcio di fondo, ottuso e indistinguibile, parole e concetti che sono svarioni, questa è l’aria che si respira da molto tempo. Nessuno si cura della sostanza dei discorsi che si rincorrono e si sovrappongono in mille modi e, quasi sempre, senza alcuna utilità. Parliamo a vanvera, apriamo la bocca ed emettiamo dei suoni, gli stessi che produciamo con il ticchettare della tastiera del computer. Sto zitta fino a che qualcuno mi chiede cosa ne penso di quel fatto lì, la morte del Dj Fabo, e insiste per saperlo, ma subito inizia a espormi il suo pensiero, un pensiero inutile, un pensiero ignorante, gratuito, campato per aria, senza esperienza e perfino senza compassione.

Immaginare di dare senso alla risoluzione di un problema attraverso la nostra incapacità di comprenderlo, è un tratto caratteristico della nostra società. Ascolto e taccio mentre penso che sto perdendo tempo, quel tempo che quel ragazzo non poteva più godere e per questo ha deciso di non darsi più. Per me il suo gesto esige rispetto e nessun giudizio.

Immagine dal web

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