Dopo molto tempo, oggi ho incontrato di nuovo Tessa Krevic, la voce narrante e protagonista di Tessa e basta, il libro che ho scritto come ghostwriter, che racconta la storia vera di Tessa, a partire dai suoi quindici anni, vissuti sotto le bombe durante la guerra dei Balcani. Tessa Krevic non vive più in Italia, il lavoro e le circostanze della vita l’hanno portata lontano da qui, negli Stati Uniti, a New York dove già risiede suo fratello. Purtroppo il motivo per cui è rientrata in Italia per qualche giorno non è lieto. Una sua cara amica, Valeria, una delle volontarie che componevano la squadra di operatori umanitari con cui ha collaborato Tessa, con interventi di supporto a favore della popolazione in difficoltà per la guerra, se ne è andata ancora giovane, a soli cinquant’anni. Tuttavia Valeria continua a testimoniare il valore del suo impegno per gli altri, l’importanza del sapere guardare oltre il proprio piccolo recinto, attraverso le pagine del libro Tessa e basta, in cui la sua impronta continua a esistere e resistere.
Al tempo della crisi dei Balcani l’impegno richiesto era per quella guerra, oggi per i rifugiati e i migranti e altri conflitti. La scia di sangue e violenze non si estingue.

«Fa uno strano effetto questa guerra. In alcuni paesi tutto è a posto, almeno in apparenza. In altri sembra passato un tornado. Qualcuno ha scelto chi doveva vivere e chi morire.» Sasha, sudato fradicio nonostante il freddo, spostava una pila di tre pacchi in una sola volta. Erano troppi per chiunque, ma lavorare lo aiutava a non pensare.
«Non conosciamo la guerra, non possiamo capire. Qui è tutto così reale. Per noi che veniamo dall’Italia è incomprensibile.» Valeria non parlava a nessuno in particolare. Pensava ad alta voce e tirava continuamente su con il naso. «Le persone hanno abbandonato le loro case con solo una borsa in mano e i bambini in braccio. Niente più cucina, letto, l’armadio con le cose che conoscevi, le foto dei tuoi genitori e quelle del matrimonio sul mobile del tinello. Tutto sparito magari nel fuoco perché tante case le hanno bruciate. Immaginate cosa si prova?»
«Spero di non saperlo mai, ma credo che quando ti tolgono tutto ciò che è tuo, forse perdi anche l’anima, quello che sei. Diventi come quelle case sventrate che non assomigliano neppure più a un ricordo. Adesso basta. Smettiamo di rimuginare, tanto non serve a niente. Diamo una mano, facciamo quel che c’è da fare.» Giulio chiuse la partita, almeno per qualche ora. Vedere i segni del conflitto attraverso gli occhi degli italiani servì a scuotermi da quel vuoto in cui stavo sprofondando. (Cit. da Tessa e basta)

Immagine dal Web ex-Jugoslavia, anno 2000, ma potrebbe essere un’immagine dei giorni nostri.

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