“La mia arte è un audiovisivo. non smetterò di farla evolvere per tutto il corso della mia vita. Questo lavoro è nato nel 1979, ma La Ballad continua a essere in scena”.  La fotografa statunitense Nan Goldin presenta così The Ballad of Sexual Dependency, un diario visivo autobiografico e universale sulla fragilità degli esseri umani, che racconta di vita, sesso, trasgressione, droga, amicizia, solitudine. Un work in progress avviato agli inizi degli anni Ottanta, riconosciuto tra i capolavori della storia della fotografia e ora proposto  a La Triennale di Milano fino al 26 novembre. Per chi come me fosse curioso di scoprire come si possa realizzare la propria autobiografia attraverso le immagini, La Ballad è senz’altro un evento da non perdere. Si tratta di un racconto in prima persona, intenso, crudo e a tratti violento, che si snoda tra New York, Boston e Berlino e mette in scena la Goldin, la sua famiglia e gli amici, in un gioco di scomposizioni e ricomposizioni sempre pervaso da una vena maliconia se non da un dolore evidente. È vero che una foto non è narrativa, ma è comunque innegabile che nel lavoro della Goldin sia presente una forte tensione narrativa che concede allo spettatore la sensazione di entrare nella storia.

L’installazione a cura di François Hébel, è costituita da una scenografia ad anfiteatro che accoglie il pubblico e consente la visione dell’opera, un video che dura circa quarantacinque minuti e viene proiettato ogni ora. Completano l’esposizione materiali grafici e alcuni manifesti originali, utilizzati per le prime performance di Nan Goldin nei pub newyorkesi. Lo sguardo di Nan Goldin abbraccia ogni momento della propria quotidianità e del proprio vissuto. L’artista fotografa se stessa e le travagliate vicende dei suoi compagni, nella downtown di Boston, New York, Londra, Berlino, tra gli anni ’70 e ’80. La sua è una fotografia istintiva, incurante della bella forma, che va oltre l’apparenza, verso la profonda intensità delle situazioni, senza mediazione alcuna. Nella totale coincidenza del percorso artistico con le vicende di una biografia sofferta e affascinante, Nan Goldin ha indubbiamente creato un genere: studiate, utilizzate e imitate in tutto il mondo, le sue immagini sono un modello rimasto intatto fino a oggi.

Sopra, l’ingresso all’installazione e a lato uno dei manifesti originali usati per le prime performance.

Qui https://youtu.be/SxozpJFkF_U una citazione video da The Ballad of Sexual Dependency.

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