Pangea.news segnala una bellissima intervista a Martin Amis in un articolo che titola: Nell’era di chi si accontenta, i lettori vogliono solo ovvietà. Sono saltati tutti i criteri di grandezza: tra poco, Sofia Viscardi sarà più importante di Kafka. Verso l’apocalisse danzando con Martin Amis. Qui si dice che “Amis non predica la morte del romanzo, ne registra il mutamento vertiginoso. In effetti. Siamo passati da Charles Dickens – romanzo canonico – a James Joyce – romanzo estremo – da Martin Amis agli youtuber su carta stampata, carta straccia”. E ancora: “Ogni criterio di valutazione e di valore è saltato, conta l’ego, moneta sonante della nostra idiozia”.

Io, appassionata lettrice di Amis, come tanti mi interrogo da tempo sul futuro del romanzo che, in qualche forma strana, penso avrà molti punti di contatto con la nostra evoluzione, o forse sarebbe più corretto dire involuzione. So di cosa parlo; il mio lavoro di ghost writer mi porta segnali inquietanti, infatti ricevo un sempre maggior numero di richieste da parte di youtuber dai dieci anni in su – sì, avete letto bene, dieci anni -, e da studenti intorno ai vent’anni che pensano di avere qualcosa da raccontare ma non hanno la forza e la capacità per farlo.

Con questi presupposti era scontato che cercassi subito l’intervista originale di Scott Timberg a Martin Amis, la trovate qui, sul Los Angeles Review of books, e vi assicuro che vale la pena di leggerla.

Tra l’altro, Amis dice: When you enter a novel, you don’t want to be frozen out by having 15 characters introduced at once. And you should give the reader a bit of air: after a couple of pages there should be a bit of clear white space on the page, not clogged for the reader with your impulsive vividness and fertility and all that. Show the reader that you’re in control, that you have a structure. Structure is so important, because it’s about impersonal forces that will come to your aid. We do want structure, that sense that the writer is in complete control. So I oblige the reader with that in a way I would not have when I was younger”.

Quando si entra in un romanzo, non va bene trovarsi con una quindicina di personaggi introdotti contemporaneamente. Bisogna dare al lettore un po’ di respiro: dopo un paio di pagine ci dovrebbe essere un po’ di spazio bianco sulla pagina, non va bene intasare il lettore con troppo di tutto: concetti, descrizioni, azione. Come scrittore devi mostrare al lettore che hai il controllo, che hai una struttura. La struttura è così importante, perché rappresenta il timone della narrazione, ti guiderà. Attraverso una struttura ben congegnata lo scrittore dà il senso di avere il controllo completo. Quindi convinco il lettore a restare con me, con il mio libro, così come non sapevo fare quando ero più giovane“.

Il controllo di ciò che scrivi a volte resta una teoria, ce l’hai, lo perdi in corso d’opera, lo ritrovi. A volte hai davanti a te lo schema di una struttura su cui hai lavorato molto e sei al punto in cui tutto funziona, poi entra qualcosa, un elemento nuovo che è impossibile ignorare. E allora rivedi tutto dall’inizio, non hai scelta. E riscrivi ed è anche questo il bello del mestiere di scrivere, che non è mai davvero compiuto per lo scrittore.

 Immagine dal web_Martin Amis

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