Sono alle battute finali della lavorazione di un libro che racconta di uomini e fabbriche di oggi, un contesto in cui le parole performance,  crescita e carriera si rincorrono senza tregua. Ai giorni nostri chi, tra gli aspiranti manager, tagli in ritardo il filo del traguardo, rischia di restare escluso da tutto ciò che vale. Le aziende sono luoghi di battaglia dove perfino le relazioni amicali si mescolano inevitabilmente a un dare e a un avere che devono portare a pareggiare il tornaconto di ciascun professionista e ogni parola e ogni gesto si confrontano sul terreno della competizione. In questo caso il mio ruolo di scrittore fantasma mi costringe a muovermi tra pagine zeppe di anglicismi, qui indispensabili ma comunque sempre indigeribili. A fine giornata, per riprendermi dall’eccesso di Human Resources, Supply Chain, Project Management, eccetera ho sentito il bisogno di andare alla ricerca di qualche traccia che mi guidasse nel passato del mondo del lavoro. Volevo trovare il filo di una storia che mi conducesse dentro uno stabilimento di quelli di una volta, come da noi non ne esistono più, e nella libreria ho scoperto un vecchio volume, parecchio squinternato e bisognoso di una rilegatura urgente, titolo: Lunga vita al lavoro – Esperienze di vecchi lavoratori – Edizioni speciali della Gazzetta per i Lavoratori; l’anno di edizione non è indicato, ma facendo due conti potrebbe essere più o meno verso 196o o poco dopo. Costava mille lire.

Il libro raccoglie una serie di testimonianze scritte da circa trecento lavoratori rappresentativi di tutte le regioni d’Italia, dipendenti di molte fabbriche che hanno fatto la storia del nostro Paese in diversi settori. Dalla premessa si desume che l’invito a scrivere fosse nato dall’occasione data da un concorso promosso dalla Gazzetta per i Lavoratori sul tema: La mia officina quando vi entrai e come è oggi. Allora avevano risposto in tanti all’invito, infatti il libro conta 650 pagine.

Il libro contiene anche una storia che fa capo alla memoria di una famiglia a me vicina. Di seguito riporto fedelmente lo scritto di uno dei lavoratori che hanno dato il loro contributo alla raccolta: Francesco Costanzi, classe 1892. Io l’ho conosciuto quando stava percorrendo la fase discendente della sua parabola. Riporto di seguito la sua testimonianza. Racconta molto dell’uomo e del contesto in cui è vissuto. Per me è anche uno spunto di riflessione e di confronto con il presente impazzito che stiamo attraversando.

Testo di Francesco Costanzi:

“Fui assunto il 3 marzo 1919 dalla Società Prodotti Azotati nella fabbrica di Piano d’Orta (Pescara) per la produzione di prodotti chimici, in qualità di aggiustatore meccanico.
Lo Stabilimento, costruito da un ventennio, era rimasto pressoché invariato nelle strutture di produzione e nei sistemi di lavorazione, i quali, in molti reparti, erano primitivi, sia come attrezzature sia come mezzi di trasporto e di sollevamento.
La guerra 1915-18 aveva però permesso qualche innovazione, ma non radicale e razionale. Quindi basso rendimento degli apparecchi e degli uomini, scarsa sicurezza per la incolumità personale e minima l’igiene del lavoro.
In quell’immediato dopoguerra, noi combattenti, che avevamo ricostruito la Patria nei suoi giusti confini, sentivamo la necessità di una ricostruzione morale e materiale e, come lavoratori, la formazione di una coscienza sindacale e sociale.
L’applicazione integrale delle 8 ore di lavoro, fu l’inizio di rapporti tra impresa e lavoratori, che però, per settarismo, in pochi casi avevano spirito di collaborazione.
Nel 1922 lo Stabilimento passò a far parte della Società «Montecatini». Questo grande complesso – onore e vanto del nostro Paese – aveva gettato solide basi per creare un ramo di industria che in Italia mancava.
Malgrado gli avvenimenti politici di quel tempo, l’opera di ricostruzione e di rinnovamento continuò con alacre ritmo: rapporti di lavoro, organizzazione de i servizi tecnici ed amministrativi con criteri di sana economia, furono perfezionati.
Anche negli uomini, parzialmente, ci fu una bonifica. Nel nuovo ambiente, in verità di dura disciplina, si acclimatarono tutti coloro dotati di un minimo di comprensione e buona volontà.
I vecchi impianti vennero smantellati per dar posto ad attrezzature più moderne e razionali, aumentando la capacità produttiva con minor disagio per i lavoratori.
Opere di assistenza materiale e morale, impianti igienici e protezioni antiinfortunistiche vennero create mercè il largo impiego di capitali.
La passione per la mia attività di mestiere mi ha sempre spronato ad arricchire la mia cultura tecnica, collaborando, nella cerchia della mia attività specifica, per la soluzione dei problemi che riguardavano la sistemazione tecnica della Fabbrica e dando con coscienza le sue prestazioni.
Dopo quattro anni mi vennero affidate le mansioni di capo operaio meccanico elettricista e nel 1926, dopo un altro anno, la qualifica di capo officina.
I miei diretti dipendenti erano ottimi elementi sotto ogni rapporto, rappresentavano la tenacia del lavoratore abruzzese, pur non trascurando quella lotta onesta ed aperta per la loro emancipazione.
In questo primo decennio, con consenso della Direzione, avevo creato una scuola per capo operai impartendo loro lezioni teorico-pratiche di meccanica e di elettricità ed in breve tempo furono messi a disposizione della Società quattro ottimi giovani, che trovarono subito la loro sistemazione in altrettante unità della Società stessa.
Lasciai lo stabilimento in piena efficienza nel 1933 in seguito al mio trasferimento in questa grande unità di Bovisa, dove la società mi affidò mansioni e responsabilità maggiori. Ambiente alquanto diverso, situato ai margini di Milano, la metropoli del lavoro. Personale più adusato alle lotte del lavoro, più esigente nei propri bisogni, ma ugualmente attaccato al lavoro.
Trovai impianti di maggiori proporzioni, in piena efficienza taluni, altri in via di ampliamento, altri allo stato sperimentale. Questi ultimi, dopo anni di studi fecondi in laboratori chimici attrezzatissimi creati dal genio dell’ing. Guido Donegani – Fondatore della Società «Montecatini» – dopo sacrifici di lavoro e di capitali, hanno dato i loro frutti con produzioni basate su procedimenti scientifici e razionali.
Un altro dopoguerra, più tormentoso; un altro programma di ricostruzione. Ricostruzione di opifici, di coscienze e di mentalità.
Da un lato animi inquieti per spirito settario, da un altro inquietudine per la vita difficile di ogni giorno. L’opera di persuasione per la creazione di una ricchezza collettiva, data dal lavoro in un prossimo avvenire, non trova sempre una rispondenza nei singoli, per avversione preconcetta in taluni, per scetticismo in altri, ma nel quadro generale prevale il buon senso, specie in taluni concetti riguardanti le controversie sul lavoro, che l’esperienza ha dimostrato errati. Lavoro duro dal lato morale, ma soddisfacente; lavoro duro dal lato tecnico, ma passi giganteschi.
Fabbriche totalmente distrutte dalla guerra, rinnovate di sana pianta con criteri razionali e con i dettami di 50 anni di esperienza. Gli impianti ampliati e rimodernati tecnicamente ed esteticamente, protezioni antiinfortunistiche, servizi igienici, mense per impiegati e operai, rispetto scrupoloso dei contratti di lavoro, premi di produzione indennità per lavori disagiati, indumenti di lavoro, impiego con larghezza di capitali da parte della Società, maggiore produzione, maggiore possibilità d’impiego di mano d’opera. Sono oramai per lo scrivente 32 anni di lavoro onesto.
Nel 1947 si costituisce tra il personale di tutti i gradi della società «Montecatini» il Gruppo Anziani, al quale hanno aderito tutti i prestatori d’opera che avevano oltre 25 anni di ininterrotto lavoro. La società con spirito di ininterrotta comprensione , ha accolto con simpatia il nostro sodalizio e con gesto liberale e generoso è venuta incontro a questi fedelissimi, concedendo premi, medaglie, diplomi e istituendo il «Premio di Fedeltà» che viene mensilmente corrisposto vita natural durante a tutti i lavoratori che hanno compiuto 25 anni di servizio e che lasciano il lavoro per limiti di età.
Il 1° maggio «Festa del lavoro» è festa degli Anziani, di coloro che hanno dato gli anni migliori della loro vita al servizio della Società, l’esperienza del lavoro e l’esempio ai giovani.
Nelle fabbriche, nelle miniere, negli uffici, alla Sede Centrale della «Montecatini», signorilmente accolti e trattati, alla presenza degli Amministratori della Direzione Generale e degli anzianissimi, vengono premiati coloro che compiono il 25° anno di lavoro.
Quando l’età non ci consentirà più di dare la nostra opera, un filo ideale ci terrà ancora legati alla fabbrica e ai giovani compagni di lavoro. Questo filo ideale è il «Premio di Fedeltà». Ma dopo tanti anni di lavoro c’è un altro grande premio: la soddisfazione di aver fatto il proprio dovere di fronte alla collettività, alla Patria, alla famiglia.”

FRANCESCO COSTANZI
Impiegato Tecnico Soc. Montecatini
BOVISA (Milano)

Lunga vita al lavoro – Esperienze di vecchi lavoratori
Edizioni speciali della Gazzetta per i Lavoratori (Ed. 1960?)
Pagine 650
Estratto pag.178, 179, 180

 

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