Dopo qualche giorno in cui ho trascorso parecchie ore appesa ai notiziari, distratta dai commenti degli amici e dalle notifiche del cellulare, entro nella fase di adattamento al nuovo stile di vita indotto dal Coronavirus. Riprendo la routine di sempre.

Beh, non proprio di sempre, a dire il vero! Mentre leggo le email e sbrigo la corrispondenza, non posso fare a meno di sbirciare le ultime notizie di cronaca. Mica belle!

Il Coronavirus sta cambiando le abitudini di molti italiani, in un modo o nell’altro; quando questa brutta storia sarà superata, speriamo presto e bene, avremo tutti imparato qualcosa. Questo è il lato positivo, quello che cerco sempre dentro ogni rogna perché impanicarsi e agitarsi a vuoto, girando in tondo, non serve a niente, anzi di solito contribuisce a farci stare male senza mutare di una virgola la situazione.

Di virus non capisco niente, è ovvio, quindi mi informo sulla situazione attraverso fonti selezionate, attendibili e accreditate. Per non perdere tempo, e per non arrabbiarmi, passo oltre i titoli a effetto espressi ad arte da chi ha interesse a manipolare la situazione. Dobbiamo imparare a riconoscere al volo le fake news, anche le più raffinate, e a controllare le fonti. È indispensabile avere un quadro vicino alla realtà rispetto a ciò che accade e comunque a me interessano i fatti verificati, delle opinioni folcloristiche di tanti soggetti senza arte né parte, se non in malafede, non so che farne. Per non distrarmi dal libro che sto scrivendo, decido che seguirò gli aggiornamenti solo in momenti definiti: a colazione, a pranzo e a cena. Spero che le news non mi tolgano l’appetito anche se un paio di chili li dovrei comunque smaltire.

Rileggo due volte il capitolo che devo revisionare. Non riesco a concentrarmi, tiro su gli angoli della bocca e cerco di sorridere, comunque! Decido di uscire per una passeggiata con Tina, la mia SimilJackRussell. In giro c’è poco movimento, poche auto e neppure un cane. È un po’ come una di quelle mattine di nebbia, ormai poche, in cui per un caso Tina e io usciamo prestissimo per espletare le prime necessità della giornata, quelle di Tina, intendo. Magari devo partire, c’è un treno che mi aspetta e noi ci scopriamo sole nel buio del Parco Agricolo Sud, in attesa che da dietro un cespuglio esca un lupo, o un serial killer. Scusate i toni drammatici, il quadro a tinte fosche, ma noi scriviamo per mestiere, in senso traslato lo fa anche Tina, la mascotte della ghostwriter, e magari scrive meglio di me, a suo modo. Le scene cariche di suspence ci piacciono un sacco.

Oggi però è diverso, sono quasi le dieci del mattino e c’è il sole. Il Coronavirus fiammeggia sopra le nostre teste. Insomma, ci mancava pure ‘sta disgrazia!

Provo a fare una lista dei comportamenti che il Covid 19 ci costringerà a cambiare a partire dal rituale dei baci quando incontro qualcuno. Non è che io baci tutti, però nel mio giro di amici e amiche ci sono quelli che si aspettano di essere baciati: ci tengono. C’è chi è affezionato ai tre baci rigorosamente a partire da destra, altri si accontentano di due, con qualcuno ho instaurato l’abitudine del bacio singolo con abbraccio fraterno senza stretta, altri mi corrispondono con un avvinghio da boa constrictor. Per non dire dei baci alla francese, scherzo, neh!
Da adesso in poi anche no. Basta baci, grazie!

E le strette di mano? Scambiarsi la stretta di mano è un bel gesto, ampio, diretto; di solito io stringo la mano e cerco di agganciare lo sguardo della persona che incontro. Il modo in cui un uomo, o una donna mi stringono la mano racconta, sia pure in minima parte, chi sono. Forse adesso ci stringeremo la mano senza sfilarci i guanti? L’ipotesi è orribile e poi fa già troppo caldo per i guanti, teniamo conto anche del cambiamento climatico. Stringersi le mani e accompagnare il gesto con un’aspersione di Amuchina è altrettanto tremendo. Del resto se devo stare ad almeno due metri da chi incontro non avrò l’occasione di stringere un bel niente. Agiterò le dita in aria per disegnare un cenno di saluto informale che va bene quasi in ogni occasione ed è perfetto per il Coronavirus maledetto.

Siamo arrivate sul viale principale, più avanti c’è il supermercato: il piazzale del parcheggio è stracolmo. Non mi stupisco, stanno tutti facendo scorte per nutrirsi, e disinfettarsi, da qui alla fine del mondo, tuttavia non credo che sarà questo virus a decretare l’apocalisse. Non penso di unirmi alla mischia dei carrelli impazziti che navigano senza sosta tra i lineari. Per me la spesa al Super non è un problema, infatti sono una utente storica della spesa online, la pratico da tempo immemore; quando voglio Clicco il pomodoro e risolvo senza file e senza mascherina.

A proposito di mascherine ne ho ordinate una decina, tanto per essere pronta. È un acquisto dettato da uno scrupolo, fatto un po’ per scaramanzia e comunque nel caso…

In quanto al lavoro, io sono una pioniera dello Smart Working, lavoro da dovunque con chiunque, ovunque si trovi, e senza passargli neppure un raffreddore, senza perdere tempo in trasferte non necessarie, senza tempi morti, senza inquinare… Basta una buona connessione. I vantaggi di lavorare utilizzando Skype sono innumerevoli, alcuni riguardano in modo particolare il mio lavoro di ghostwriter, ma questa è un’altra storia. Ho scritto alcuni libri senza mai incontrare di persona i miei narratori, collocati in Paesi molto lontani, tuttavia quando è possibile mi piace avere contatti diretti con gli uomini e le donne di cui scrivo le storie; di solito sono sempre momenti speciali che ricordiamo nel tempo con piacere e sui quali potrei imbastire una serie di aneddoti infinita.

Controllo il cellulare. La casella di posta è piena di eventi annullati, ma adesso stanno arrivando le proposte degli stessi eventi e di altri con l’invito ad assistere alle dirette streaming. Ecco trovato il modo per aggirare uno dei muri costruiti malamente dal Coronavirus. Appena torno a casa aggiorno l’agenda.

Decido di deviare sulla strada che mi riporta al parco, Tina capisce l’antifona e comincia a tirare, scodinzolando. Il telefonino lancia il segnale di una nuova notifica. È un mio narratore, un amico che conclude la email con poche parole di commiato che mi sembrano contenere una paura che dovremmo cercare di ricacciare indietro. Lui scrive: “Susanna, abbia cura di lei!”. Ecco, “quell’abbia cura di lei”, che poi sarebbe corretto dire abbia cura di sé (il mio amico mi scuserà se lo correggo), mi sa da fine del mondo! Teniamo duro, facciamo del nostro meglio anche se è vero che è tutto un gran casino, alla fine ne usciremo.

Sforziamoci di regolare la vita su una nuova metrica. Io sono fortunata, per me al momento non cambia niente di sostanziale: il lavoro resta, leggere anche, ma dovrò dire addio al cinema, ai musei, alle mostre e a qualche uscita, all’ora di pilates in palestra, all’assemblea di condominio (questa è una gioia) e perfino al thè con le amiche.

Dobbiamo essere responsabili, prudenti in ogni occasione, perfino quando portiamo fuori i cani. Sono al parco, sgancio Tina che si butta in una corsa forsennata; va incontro a un cocker e a un bassotto suoi amici. Più in là ci sono i padroni. Sprofondo le mani nelle tasche del cappotto, tasto i sacchetti per raccogliere la cacca a sinistra e il pacchetto di Kleenex a destra: sono presenze rassicuranti. Sorrido dietro gli occhiali da sole e grido un saluto che si incrocia con quello degli altri due; siamo ad almeno cinque metri l’uno dall’altra e formiamo un triangolo perfetto. Ci scrutiamo a distanza, in sicurezza, mentre  al centro del roccolo le nostre bestiole si annusano il culo in libertà.

Dai, coraggio! Magari vediamoci su Skype, prossimamente.

Foto di 024-657-834 da Pixabay

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